#17

Intrappolati tra roccia, neve.. e critiche.
Con Barry Bona.

Magari siamo convinti che siano stati i social, a dare il via alla (brutta) abitudine di criticare gli incidenti in montagna prima ancora di conoscerne i dettagli. E invece si usava già nel 2012, quando i forum specialistici erano in auge.
Critiche che allora hanno colpito profondamente Barry Bona, che infatti ancora le ricorda dopo più di 12 anni, al punto di volerne parlare con noi per evidenziare quanto questo comportamento sia improduttivo per chi lo tiene ed allo stesso tempo umiliante per chi lo subisce.
Come citato nella parte iniziale dell’intervista, la ricca ed interessante storia alpinistica di Barry richiede un episodio tutto suo, ed è appunto quello che potrete ascoltare sul 
podcast Vertigini, di Matteo Pilon e Ale Zanchetta.

Trascrizione dell'episodio

0:00:00 – Fabio
Grazie, barry, di aver accettato il mio invito a partecipare al podcast.

0:00:05 – Barry
Intant Grazie a voi, grazie a te.

0:00:08 – Fabio
Allora qui la cosa si fa un po’ complicata, nel senso che di solito chiedo agli ospiti di fare un racconto delle loro esperienze in montagna, di come sono arrivati a fare il tipo di attività che poi ha comportato l’incidente Nel tuo caso. Dovremmo per forza fare un super riassunto, perché se facciamo un discorso completo sulla tua attività in montagna vengono fuori un paio di puntate solite. L’obiettivo questa pomeriggia è comunque quello di rimanere su un evento particolare, che non è propriamente un incidente, però comunque è un soccorso in montagna, che tu hai presentato in una serata in cui sono venuto a sentirti e che vorrei che tu condividessi e sulla quale vorrei fare delle riflessioni con te. Quindi intanto ti lascio partire un po’ a ruota libera su quella che è la tua esperienza in montagna, come sei arrivato a fare un certo tipo di attività e tutto attività e tutto.

0:01:09 – Barry
Sì, la mia esperienza in montagna è iniziata molto presto, se si pensa. Insomma, la prima vera rampicata l’ho affrontata a 14 anni, legato in cordata con mio zio che è guida alpinia. Quindi avevo questa opportunità da giovane di avere in casa essere appunto figlio d’arte e avere gente che capiva la mia passione, perché appunto derivava già ce l’avevo dentro, in nata. E con questa grande opportunità di avere una persona che mi portava fidata, appunto perché madre, una madre è sempre la più preoccupata della famiglia e però in quel caso lì si sentiva molto tranquilla di mandarmi ad arrampicare, anche perché la mia scelta di iniziare questo percorso difficile che adesso parliamo, che è una moda, però è comunque una cosa pericolosa, questa cosa mi è arrivata anche un po’ La mola che mi ha spinto. È stato quel momento difficile che ho vissuto, a quell’età che mia mamma era ammalata di tumore al seno e quindi quel periodo lì vissuto un po’ male, la montagna è venuta in aiuto e mi ha venuta in soccorso, in quel caso, là ad aiutare il mio animo e portarmi fuori, e ho cominciato a rampicare, ho cominciato a sentire il bisogno proprio di fare delle cose che secondo me mi facevano star bene, quelle che però fino a prima mi facevano paura.

Attenzione, io da bambino avevo una paura morbosa di tutto. Mai avrei immaginato di trovarmi lì, appeso a quelle pareti che all’epoca vedevo proprio insormontabili come dei castelli di pietra. Un bambino li vede come un castello di pietra, queste montagne, e a un certo punto ti trovi lì. Li vedi come un castello di pietra, queste montagne, e a un certo punto ti trovi lì. E allora posso dire da giovane le fai anche con un po’ di poca coscienza. Le fai proprio perché hai questa mola che ti spinge. Capisci anche il rischio. Io l’ho capito subito che c’era un grande rischio, anche perché, devo dire, l’insegnamento di mio zio era sempre crudo, non era una cosa facile, con tuo zio che ti dice vai avanti, sta davanti a me, cammina, e mi spronava ad essere ad essere forte in montagna. E questo lo ringrazio perché poi mi è servito, perché, appunto, già capisci che c’è il bello e il brutto in montagna, c’è il positivo e il negativo.

0:03:46 – Fabio
Momenti difficili devi sapere affrontare da solo ok, da questo poi la tua attività è cresciuta. Siamo in Alpago, quindi qui nella zona nostra, ma anche in Dolomiti in generale.

0:04:03 – Barry
Quindi una serie di salite, se vuoi un po’ riassumercele brevemente sì, diciamo che assolutamente all’inizio è stato un percorso fatto in Dolomiti, sia l’attività svolta con mio zio, che si è sempre trattato di andare da secondi di cordata, perché ho cominciato ad andare da primo di cordata quando me la sentivo, quando ho sentito che ero idoneo a passare davanti con la corda che andava sotto e non sopra. È stato quattro anni dopo aver iniziato sui 16-17 anni, ho cominciato a sentire un po’ di tranquillità, passare da primo di cordata. Non è facile, secondo me, essere a quell’età lì davanti, portare avanti la corda su certe vie, come appunto vie di sesto grado. E quindi quando ho sentito quella sicurezza, allora in quel momento ho cominciato anche a conoscere gente nuova.

Ho cominciato a lasciare la sicurezza della famiglia e ho cominciato a conoscere, secondo me, la gente giusta, amici che non avevo mai conosciuto prima, conosciuti in montagna così, e con loro mi sono legato sia con l’amicizia che anche con la corda, con le stesse idee. Ho cominciato a realizzare i miei sogni, ho cominciato ad allargare gli orizzonti, ho cominciato a vedere altre montagne e appunto è proprio così come quando da ragazzo cominci a studiare in un’altra città e conosci altra gente.

0:05:49 – Fabio
Allo stesso tempo in montagna ti succedono queste cose di conoscere gente che ti sprona ancora di più come dicevo prima, non dico fermare qui, ma tra l’altro mi hai appena detto che hai registrato un episodio per il podcast Vertigini di Matteo Pilon. Quindi credo che la cosa migliore sia rimandare tutti a quell’episodio, dove immagino avrai sviscerato in più e approfonditamente la storia delle tue arrampicate, del tuo avvicinamento all’alpinismo. Quindi quello che ti chiederei adesso è di andare un po’ nel nocciolo, perché poi alla fine l’obiettivo di questa conversazione è appunto quel racconto che tu hai fatto quella sera e che mi ha colpito molto per diversi aspetti che adesso magari vedremo insieme. Prima di tutto ti chiederei un po’ così di riassumere e di raccontare la giornata e l’evento che poi ha portato al soccorso. Descrivici un po’ chi era il tuo compagno, qual è stato il percorso che vi ha portato a decidere di fare insieme quel tipo di salita e come sono evolute poi le cose.

0:06:59 – Barry
Sì, come dicevo prima, c’è stato il momento in cui ho cominciato a conoscere gente. E in questo flusso conoscere gente, a un certo punto ho avuto l’opportunità di legarmi in cordata anche con una persona forte come Fabio Valseschini, che è un forte alpinista lecchese. È andato nelle news in quell’anno, 2011, quando salì la via dei Cinque di Val Madrera, sulla parete nord-ovest del Civeta in prima solitaria invernale. Io l’avevo conosciuto già l’anno prima che appunto stava facendo questo tentativo. Ero per caso in zona con le pelli di foca e lui aveva fallito il tentativoi, appunto, vari di logistica e di attrezzatura e anche della neve. Quindi lì ho un po’ stretto amicizia pian piano, perché Fabio è una persona, appunto, fortissima, però anche con il suo carattere, giustamente e appunto per quello. Come ho imparato da un carattere duro come quello di mio zio, anche da Fabio ho imparato molto e me lo porto dietro. Sono contento di averlo conosciuto perché non solo forte alpinisticamente, ma anche caratterialmente e umanamente.

0:08:18 – Fabio
Sì, che è un prerequisito per le gasse incordate. Sicuramente quindi quello di condividere gli obiettivi, ma anche il carattere. Quindi mi hai già accennato brevemente al periodo stiamo parlando del 2012?.

0:08:30 – Barry
Sì, 2012, appunto i primi giorni del 2012. Avevo appena festeggiato il Capodanno e ci siamo accordati per trovarci alla base della parete, appunto a Alleghe, per salire sotto la parete, per bivaccare sotto, preparare magari i primi tiri, lo zoccolo, perché si trattava appunto della parete nord, e quindi di salire una via, in prima invernale, su una delle torri della Civeta, che era la torre di Valgrande, quella più vistosa, quella più maestosa. La via in questione era una via poco conosciuta, pochissimo conosciuta. Penso abbia avuto, nel corso degli anni, da quando l’hanno aperta, avrà avuto sì e no, due o tre ripetizioni, però una di quelle ripetizioni era anche di Fabio Vaseschini, l’estate precedente, e aveva compiuto la seconda solitaria, perché c’era già stata una solitaria di un austriaco e quindi lui la conosceva. Praticamente l’aveva fatta in solitaria. Solitaria vuol dire farla in rock solo con l’uso della corda, vuol dire farla tre volte, quindi l’aveva praticamente studiata a fondo.

Quando ci siamo accordati di fare questa prima invernale, che per me era un sogno bestiale, fare una prima invernale sulla parete di Civeta, era un sogno che sembrava irrealizzabile. Però avevo trovato la persona giusta. L’estate avevamo arrampicato due vie, sempre in Civeta, abbiamo fatto l’Andrik Fae al Punta Civetta. In pochissime ore, per dire a luna, eravamo già su dal Venturino a mangiare una bistecca, successivamente, ad agosto, e appunto era l’inizio stagione, quindi era molto bagnata. Quindi abbiamo messo alla prova il nostro carattere, sia suo che anche mio, vedere se ero così forte perché sentivo che era una cosa un po’ azzardata andare dietro, correre dietro a un cavallo matto come Fabio, uno che fa nove giorni in parete filati, vuol dire avere qualcosa che va e anche qualcosa che non va.

Poi, se volete, vi parlo delle mie solitarie. Si capisce che là si cambia carattere, si capisce perché, perché una persona poi è così tra virgolette, difficileamo fatto anche, dicevo, ad agosto avevamo salito il dietro Livano, alla cima, su alto. Quella è la via che adesso parzialmente non esiste più perché è crollata appunto l’anno dopo che l’abbiamo salita 2011 e è caduta il 2012, e anche lì velocissimi. Fai conto che lui saliva il tiro di corda completo, finendo la corda perché abituato ad andare da solo, mandava giù proprio a gas completo, finiva tutta l’attrezzatura. Io saliva quel tiro di corda da 60 metri, mi ritrovavo alla sosta già carico di materiale e mi diceva vai, gringo, parti che è la tua volta. Io facevo 30-40 metri, poi esplodevo, capivo proprio che ero entrato in un’altra dimensione, con lui in un’altra marcia. Era pazzesco, era come essere entrati in un razzo con lui. È una sensazione bellissima ritornare a rientrare al rifugio Vastolera e trovare ancora che c’era la cucina aperta per mezzogiorno.

Sono cose che sì, arrivati giù alle tre, praticamente quelle cose lì ti spingono, capisci che puoi anche un po’ azzardare con una persona così. E lì abbiamo detto intanto iniziamo con questo proposito della prima invernale, alla via degli Scozzeri che sale lo spigolo nord della Torre Vallgrande, tutti conoscono la Carlesso Menti, che è la classica della parete nord-ovest, diciamo l’inizio è la porta d’accesso per chi vuole cominciare ad arrampicare sulla parete nord del Civeta, perché ti fa capire il carattere della roccia, della parete dell’accesso e di quello che si prova a stare dentro in quella muraglia enorme.

0:12:31 – Fabio
Quindi avete dormito sotto. Mi hai detto, avete fatto il bivaco sotto e poi la mattina, immagino di buona lena, di buona alba, siete partiti e da lì come è evoluta poi la giornata?

0:12:44 – Barry
In realtà è stato fatto. Gran parte del lavoro è stato fatto proprio il primo giorno che ci siamo trovati, mi ricordo, alle 8 del mattino, al parcheggio di Alleghe. Siamo saliti in cabino via e poi ci siamo incamminati. Con noi c’era anche la fidanzata di Fabio che ci ha dato una mano con i carichi, perché avevamo tre carichi abbastanza pesanti per salire da Pioda, la Malga Pioda, salire verso la Forcella Col Dai e poi successivamente entrare nel palcoscenico. Abbiamo scaricato gli zaini alla base della parete, che era proprio alla base dello zoccolo. C’è questa grotta molto capiente e si sta proprio bene profonda, protetta, e appunto è proprio all’inizio dello zoccolo, appunto della torre di valgrande. Lì abbiamo lasciato e abbiamo cominciato subito i lavori. La fidanzata di fabio ci ha lasciato, è scesa e noi siamo rimasti lì da soli Con le nostre corde e il nostro materiale. Abbiamo cominciato a salire lo zoccolo Proprio quel giorno. Lì abbiamo cominciato le danze e siamo saliti fino alla base del salto strapiombante della parete, dove iniziano appunto le rogne. Lì abbiamo lasciato il materiale, abbiamo salito, devo dire, lo zoccolo molto velocemente perché era ghiacciato, era una vera e propria cascata di ghiaccio. Per me era un sogno a occhi aperti, perché trovarsi lì e salire con i ramponi e le piccozza in piena parete nord, dicevo, non mi sembra vero. Però poi la sveglia te la dà quando guardi su questa parete in mani che strapiomba da far paura con questa fessura falce dove sono saliti gli scozzesi nel 64 abbiamo lasciato tutto il materiale da roccia alla base, appeso a una sosta, e siamo scesi con la corda. Abbiamo lasciato una corda all’inizio proprio da dove, da dove abbiamo lasciato il materiale, e poi sul secondo salto, quello finale che ci portava giù alla base, abbiamo lasciato la mia mezza corda da 8 mm e quindi le corde erano già stabilite per per la risalita, per la risalita del giorno dopo.

Siamo andati giù, era prestino, era passato da poco mezzogiorno e Fabio so che mi ha detto potevamo anche azzardare di andare fuori in giornata e farla tutta. E io l’ho detto magari sì, però poi sì, dovevamo vedere anche come gestire i carichi, quanto materiale portarci dietro, e lui riteneva che si poteva rientrare anche dalla stessa via con le corde doppie. Era una cosa secondo me, la vedevo. Io non avrò la esperienza di Fabio, che lui, essendo che era già stato da solo, però la vedevo un po’ dura. Il fatto è che nelle nostre teste c’era ancora altro, perché specialmente nella testa di Fabio c’era un piano molto più diabolico C’era il discorso di fare questa via e poi rimanere in zona e fare un concatenamento invernale, mettere assieme una Gunther Messner alla punta Civeta. Questo era il nostro.

Per me tremavano veramente e mi tremano ancora adesso a pensare perché a nessuno ho mai parlato di questa cosa, a parte la mia famiglia che c’era questo piano diabolico che a me faceva. Quando ne parlava veramente lì, quando mi diceva così, mi sentivo un bambino indifeso proprio dicevo questo, cosa mi vuole far fare? però un po’ ero stregato, dicevo chissà cosa potrei fare, volevo vedere proprio cosa potevamo fare. E in quelle ore trascorse quel pomeriggio c’erano queste cose che ci frullavano. Parlavamo di tutte le esperienze, specialmente quelle di Fabio, perché le mie, insomma, pallidivano.

È arrivata la sera abbiamo cenato. C’era questa previsione meteo di una leggera nevicata sui 1500, davano 10 centimetri. Noi abbiamo tenuto conto che questa cosa era di poco di poco interesse per noi.

Abbiamo detto speriamo che non faccia grosse cose. E invece durante la notte abbiamo dormito come i pargoletti. Tutti e due ho accusato leggero freddo i piedi. Ho sentito uno strano geldo ai piedi. Ho sentito uno strano gelo ai piedi che per tutta la notte non avevo mai sentito. A una certa ora della notte appunto, e mi sono accorto al mattino di cosa si trattava, che avevo il sacco a pelo proprio verso i piedi, era ricoperto di neve. Quella cosa lì mi ha un po’ impressionato, perché eravamo talmente profondi, questa grotta era molto profonda, aveva molto sporto. Quindi, quando ho acceso la luce frontale che ho visto tutto attorno a me, tutta la diciamo, l’interno di questa grotta, tutto tappezzato di ghiaccio e di neve, ho fatto ops, cosa è successo? Che neve è questa? Poi ho illuminato l’esterno e ho visto che c’erano degli accumuli di valanga. Anche Ho cominciato a insospettirmi. Ho detto qui ha fatto qualcosa di strano.

Praticamente la perturbazione è arrivata direttamente dal nord. Si sa che quando arriva dal nord, arriva direttamente dall’Austria su queste Dolomiti, trova il Ciasolungo come barriera e poi trova il Civeta e lì, come succede in Svizzera, trova l’Aiger. È la prima frontiera che trova la prima barriera dove si infrangono le perturbazioni e nel nostro caso è arrivata perfetta. Ha colpito prima il Sasso Lungo di Val Gardena e poi è arrivata diretta sulla parete nord-ovest del Civeta. E quando arriva con il vento, si sa che fa gli accumuli. Abbiamo stimato che c’era un accumulo di un metro fuori della grotta. Quando ha cominciato a far luce, quando abbiamo fatto colazione, abbiamo ragionato con calma. Abbiamo detto beh, ci sono degli accumuli, dobbiamo verificare la stabilità, la stabilità e cosa possiamo fare. Diciamo che un po avevamo capito che dovevamo frenare le nostre ambizioni e cercare di valutare tutte le prerogative, che erano quelle della sicurezza. Quando abbiamo provato ad uscire e a risalire il canale che avevamo proprio all’esterno della grotta, abbiamo visto che sprofondavamo e si fratturava la neve.

0:19:39 – Fabio
Quindi si creavano le spaccature.

0:19:42 – Barry
Io, avendo già esperienze fatte con queste valanghe, le ho tagliate due o tre volte e mi è rimasta quella folle fobia che si stacchi la neve sotto i piedi. Ho capito che quel giorno non c’era solo il problema di arrestare la nostra avventura e di andare a recuperare il materiale, ma c’era anche il problema di rientrare a casa E quello è stato un problema che abbiamo valutato con calma nelle ore successive. Abbiamo detto proviamo ad andare fuori. No, proviamo ad andare fuori. No. Abbiamo proprio valutato, studiando le foto fatte il giorno prima per vedere com’era la morfologia del terreno, per capire quanta neve c’era sopra e dove dovevamo scendere. Praticamente non c’erano scelte. A sotto di noi c’era un catino che era riempito perché il vento, sai che quando riempito, perché il vento, sai che quando era riempito era tutto livellato. E quello mi preoccupava. Dicevamo tra di noi scendiamo dentro il catino, no, scendiamo fuori, appunto, su quel leggero spuntone che è rimasto. Potrebbe anche essere, ma poi lo spuntone finisce e ci troviamo nel catino, lo stesso.

0:20:58 – Fabio
Eravamo in trappola questa era la trappola.

0:21:02 – Barry
Quindi, come di solito appunto, si considerano le 48 ore il periodo da evitare assolutamente di avvicinarsi, noi abbiamo tenuto abbiamo tenuto conto che con questa cosa che avevamo in testa di stare lì più giorni, avevamo cibo a sufficienza e eravamo ben equipaggiati di vestiario.

abbiamo ritenuto intanto, come prima preparativa, aspettare almeno 24 ore, aspettare il giorno dopo che magari arrivasse quel colpo di sole che prende di striscio la zona, lì che abbiamo detto di solito è 2 gennaio aspetta e spera, però a una certa ora hai visto anche dai filmati che ci siamo messi appunto nel pisciatoio, diciamo, perché era questo altro antro appena sopra di noi e lì è arrivato il sole, ma abbiamo visto che è durato poco e la neve non ha subito nessuna variazione. Quindi abbiamo detto domani comunque dobbiamo prendere una decisione. È stato questo il problema tutte quelle ore, con queste decisioni tenute dentro di noi ci parliamo o non ci parliamo?

0:22:16 – Fabio
esatto, bravissimo, perfetto, mi hai anticipato. Era proprio uno dei punti che mi ero segnato e che avrei voluto chiederti. Mi interessa molto capire, in tutto questo tempo so che sono passati diversi anni, ma magari se te lo ricordi ancora, credo di sì il tipo di comunicazione. Già un po’ mi hai anticipato con questa tua ultima frase. Però è un argomento che mi interessa molto e di cui abbiamo già parlato anche in passato su questo podcast, che è proprio l’aspetto di la comunicazione nel momento di stress o comunque di difficoltà tra i componenti della cordata, ma potrebbe essere del gruppo scerpinistico, cioè è un argomento che copre un po’ tutte le attività in montagna. Quindi questo aspetto qua magari ti chiederei se hai una riflessione aggiuntiva da fare. Mi piacerebbe capire, tutto questo tempo che avete passato lì, che cosa vi siete, che tipo di informazioni vi siete scambiati, che opinioni vi siete scambiati, se c’era un ruolo di sudditanza piuttosto che la cosa che mi ha colpito di più di una domanda che gli ho fatto a Fabio durante tutte quelle ore, quella mattina e poi il pomeriggio e la sera non parlavamo tanto.

0:23:22 – Barry
Lui poi aveva il suo iPod, si isolava. Ma è giusto. Non dico che non andasse bene, non è che devi passare tutte le ore a parlare. Va benissimo, facevo la stessa cosa anche io, mi guardavo le foto, e va bene. Però a un certo punto mi è scappata questa domanda e alla sua risposta sono caduto ancora più nello sconforto Perché ho detto ascolta, fabio, ma durante la tua esperienza, la tua spedizione, ti è mai capitata una situazione del genere? Lui ci ha pensato su un po’ ha detto, a dire il vero, una situazione di merda, scusa la parola così non mi è mai capitata.

Ma vuoi dirmi che ho detto Fitz Roy, super canaletta, non ti è capitato. No, trovarmi così per tante ore a meditare cosa fare è la prima volta. A meditare cosa fare è la prima volta. E lì ho capito che dentro di Fabio c’era preoccupazione quanto c’era in me. Questa cosa qua mi ha fatto capire che veramente la situazione era bruttina. Sì, sì, c’era ancora margine. Si sa che il giorno d’oggi possiamo confidare in quella cosa, però c’è sempre il fatto che prima di arrivare là, le provi tutte, e beh, c’è poco da dire. Parlavamo e cercavamo di tralasciare certe cose, ma quella risposta lì mi aveva proprio sconvolto comunque c’era ancora la percezione di una differenza di esperienza di preparazione.

Esatto, io avevo la mia esperienza di quei tagli che avevo fatto in marmolada. Ero stato travolto mentre salivo con le pelli di foca in marmolada, quindi avevo avuto anche quell’esperienza di essere travolto e trascinato dalla valanga, sapevo la potenza che ha la neve, sapevo il momento quando si frattura e quanto tempo hai, quanto ti puoi difendere da quella forza disumana, e quindi tutte quelle paure, la mi creavano un certo senso di angoscia, diciamo. Un’altra cosa che che mi faceva un po così era che lui poteva dire le cose come erano alla sua fidanzata. Diceva sì, la situazione è un po’ critica, stiamo cercando di valutare, ci chiamiamo domani. Io, quando chiamavo la mia fidanzata, i miei genitori, io cercavo sempre di nascondere, non dicevo cosa stava capitando, cosa che il giorno dopo, appunto quel giorno che ci siamo svegliati per iniziare la via e invece siamo stati bloccati, mio padre doveva salire per assisterci in parete, come fa di solito quando sale sulla palantina.

Quella cosa mi faceva tenerezza. Appena quando l’ho rimandato indietro, era già ad Agordo. L’ho chiamato e gli ho detto papà, guarda che rimandiamo perché ha nevicato e la parete si è impiastrata. Ah, buon, buon, allora torno a casa. Ma in quel momento mi faceva pena tenerezza, queste cose, e mi sono sentito veramente abbandonato, in quel momento là.

0:26:31 – Fabio
Ok, no, è interessante. Appunto, era una cosa che mi era venuta in mente ripensando al racconto che avevi fatto quella sera e mi ero segnato, appunto, di chiedertelo perché sono argomenti che mi interessano un po’ Quindi, è passata la giornata, la notte, a quel punto cosa è successo il giorno dopo?

0:26:50 – Barry
La notte è passata molto male per tutti e due. Devo dire, io ho fatto brutti sogni, proprio ho sognato quelli che dicono hai visto quella con la falce? io ho visto questa donna. Ma già al pomeriggio me la sono sognata, ho chiuso gli occhi e ho visto questa donna. Ti dico, era proprio strano, perché era una donna, la so anche descrivere. Mi guardava veramente male, veramente male di tre quarti, così riccia e sembrava un’afghana. E mi ha guardato e ho detto mi sono svegliato di colpo, finito il sonnellino pomeridiano, diciamo sul balcone panoramico, e lì poi la notte avevo tachicardie. E pensa, questa cosa la racconto adesso, sembra giusto raccontartela. In quei momenti che avevo queste paure Sembra quasi che fossero in trasmissione con la mia fidanzata. Quella notte non dormì bene neanche lei Sei. Il giorno dopo quello che deve succedere succede. Quello che hai passato la notte lo getti via, quello che ti è passato per la testa la notte, perché non succede niente, è solo la testa che lavora. Il giorno dopo c’è l’azione E dici adesso vediamo la resa dei conti, adesso vediamo la resa dei conti. E là mi sono caricato io e ho detto Fabio, parto. Io per primo avevo proprio gli occhi della determinazione. Ho detto o così, o vediamo cosa succede. So che mi sono legato il carico perché avevamo due sacconi, due sacconi da big wall. Io avevo il mio, che è grosso, quindi non potevo caricarmelo sulle spalle. Me lo sono attaccato dietro come un cagnolino e cercavo di trascinarmelo, cercando che rimanesse a galla di questa neve che era polvere proprio. Ho lasciato la, diciamo, il comfort della grotta per cominciare a scendere quel catino. Ho fatto un passo dentro 50 centimetri, un altro passo, sono andato dentro più del ginocchio. Il terzo passo, tre, il terzo passo. Sono andato dentro che non finiva più e ho sentito lo schiocco. Ho sentito come sull’era glaciale, quando quando Scrat spacca il ghiaccio. Ho sentito questa cosa risuonare, credo per tutta la Val Civetta. Ho sentito questa cosa risuonare, credo, per tutta la Val Civetta. Ho sentito una cosa molto profonda e sotto i miei piedi si era già formata la sfessura era proprio questa cosa blu, indietro, torna indietro, torna indietro, che parte. Io la sono andato in iperventilazione, non riuscivo proprio più. Si è come annebbiata la vista. Mi sono girato, ho cercato di gettare questo carico pesante, le sacone, con tutto dentro davanti a me, così non respiravo. Ho fatto qui tre, erano tre passi, erano eterni. Sono arrivato dentro in ginocchio, sotto di lui in ginocchio, e lì ho cercato di respirare e lui mi diceva no, no, qui va male, chiamiamo l’elicottero.

Aspetta, aspetta, io sono stato io ancora la devo dire la verità. Lui era già pronto per chiamare i rinforzi. Sono stato io a dire aspetta, aspetta, fabio, c’è ancora qualcosa, cerchiamo di passare tutto sotto la parete. E là ero già che stavo impazzendo, secondo me, perché lì c’era proprio l’adrenalina era andata a mille, mi si era nebbiata la vista. C’era la paura e anche la rabbia e più che altro la paura terribile. E sì, abbiamo cercato proprio. Mi ricordo che in quegli attimi abbiamo riorganizzato i carichi. So che ho io, poi lui, non so se si era caricato uno zainetto, quello da diciamo da rampicata. Io so che avevo questo secondo zainetto che mi sarei portato dietro durante la rampicata, la scalata. Me lo sono preso dietro con il minimo indispensabile per fare questo giro sotto la parete, andare verso la torre Alleghe e fuggire verso il lago del Koldai, dove magari c’era meno neve.

In quel momento, quando ho lasciato il mio saccone, so che l’ho salutato come si saluta proprio una persona. Ho lasciato questo saccone e abbiamo cominciato per pochi passi. Abbiamo messo fuori il naso dalla grotta, abbiamo girato fuori del pisciatoio, diciamo cominciava quel canale che è bello da scendere quando c’è la neve giusta, che è tra la Torre di Valgrande e la Torre Aleche, c’è quel canale che è pazzesco e bellissimo. Però in quel momento l’abbiamo guardato, l’abbiamo guardato su e ho detto no, no, no, ho detto fine del gioco.

In quel momento sono tornato là dal mio saccone e abbiamo fatto l’ultima organizzazione possibile, che era quella di chiamare Walter Belenzier che eravamo abbastanza in contatto perché sapeva che eravamo là e ci ha dato un buon supporto, un buon sostegno. L’abbiamo chiamato per dirgli la situazione e lui ha esclamato ma dai, ma scherzate che qua a Piani di Pesce, perché allora gestiva la retonda, il suo rifugietto sulle piste. Ha detto qua piani. Ha detto 10 cm di neve. No, no, qua è una catastrofe. Era Fabio che gli parlava. Guarda che Berri ha già preparato la valanga è già fratturata. Se facciamo un passo ci travolge. Ah no, e dopo ci ha detto che quando scende una valanga, quando si stacca una valanga, non si ferma a quel poggiolo dove si passa d’estate con l’altavia.

No, la valanga continua per l’Antersas e arriva giù alle piste di Alga sì, sì, non era valutabile, nessuna possibile alternativa.

0:32:55 – Fabio
Ok, quindi avete dovuto cedere cedere.

0:32:58 – Barry
Lui ci ha chiesto ma siete sicuri? siete sicuri e specialmente, siete assicurati? e ho guardato Wally, ho detto si, abbiamo la tessera, cerca di chiamare, perché qua il tempo sta incalzando, sta tirando su un coravento e se va di un verso non usciamo più. Ho detto chiamalo. Allora ci ha messo in contatto con il capo stazione di Alleghe e li abbiamo organizzato. Abbiamo fatto la chiamata perché si sa che si deve fare la chiamata diretta alla centrale operativa e io, essendo che avevo già fatto sette anni di soccorso alpino, quelle cose me le ricordavo e appunto, proprio perché avevo fatto soccorso alpino, avevo fatto anche soccorsi con l’elicottero ho detto adesso prepariamoci a provare l’inverso, di essere dall’altra parte della barricata del torto è una parola grossa, però comunque sì, sicuramente è un cambio di visione, un cambio di prospettiva.

Quindi sono arrivati con difficoltà anche loro, perché da pieve di calore avevano cercato un varco tra le nebbie in Val Zoldana. Non sono riusciti, hanno dovuto rientrare e fare il giro per il passo Duran e atterrare direttamente a Alleghe, preparare il carico perché all’epoca non c’era ancora l’Airbus che può caricare tutto e raggiungere la meta direttamente, il target direttamente. Doveva scaricare materiale per essere leggero, quindi c’erano tutte queste prerogative prima, e quindi abbiamo visto che eravamo proprio in vista dell’atterraggio dell’elicottero. Ha impiegato pochissimo a fare, non ha neanche spento i motori e ha cominciato la salita.

C’è stata questa emozione di vedere l’elicottero da, sopra, da sopra e che puntava verso di noi, ero io per primo fuori dalla grotta, quello che potevo andare fuori, perché poi c’era il confine, il margine era segnato appunto da questa frattura. Stato lì con la, diciamo, la posizione a y e l’elicottero si avvicinava, ci ha avvicinato subito perché eravamo proprio gli unici, infatti non eravate in cinque torri.

0:35:24 – Fabio
A agosto era facile capire chi è che avesse bisogno di aiuto.

0:35:29 – Barry
Ha aperto il portellone e la cosa che mi ricordo è che specialista e TE, tecnico degli soccorso, erano lì che confabulavano tra di loro, facendo gesti, indicando appunto la frattura. Erano lì, proprio che guardavano. distinguevo proprio le smorfi che erano anche preoccupati, proprio le smorfi che erano anche preoccupati. In poco tempo, appunto, hanno preparato il vericello, è sceso il TE e in quel momento il rotore ha cominciato a spingere molto, cioè la forza del rotore dell’elicottero, la potenza ha cominciato a muovere la neve. Sentivo che mi cedeva sotto i piedi e la frattura si è allargata fino a che poteva entrare anche un mio pugno.

0:36:13 – Fabio
La frattura era profonda azzurra Si serviva un’altra conferma del fatto che fosse una scelta giusta quella di evitare di camminarci sopra.

0:36:22 – Barry
Esatto. Non vedevo l’ora che mi arrivasse l’opportunità di attaccarmi, di avvinghiarmi proprio al TE. Quando è arrivatoato, sempre con questa vista nebbiata dalla paura e tutto, so che mi sono attaccato come si attaccano quelli sull’acqua che non riescono a nuotare si attaccano alla guatia costiera. Là mi sono attaccato proprio ai scarponi del TE e lui, tranquillo, è arrivato giù.

Io gli mostravo nel frattempo la mia longe che mi ero preparato, dove appunto avevo la mia longe e sotto, attaccato il saccone perché non fosse. Avevo predisposto tutto perché i carichi fossero stabiliti e perfezionati e lui invece ha fatto la sua prassi ha attaccato, diretto il mio anello di servizio dell’imbrago. Perché è la cosa che sono tenuti a fare, perché non si devono fidare di quello che prepari tu. La cosa che ho visto subito che ci sono stati pochissimi attimi e siamo stati strappati via subito. Mi sono sentito proprio strappato via e in quel momento, soprattutto dopo, lui ha avuto gli ordini di non effettuare lo sgancio e il gancio come dovrebbero essere fatti. Ha detto rimani attaccato e attacca lui.

Questo mi è stato confermato perché poi il TE, quando sono salito a bordo, che hanno chiuso il portello, ho sentito il calore. Lì potete immaginare cosa ho provato. Quando l’ho chiuso e ho sentito il calore, ho riconosciuto il TE. Era mio amico Michele Titon e in quel momento non capivo più niente. In quel momento non capivo più niente. C’era vergogna, c’era di essere grati di quello che erano venuti a fare E l’elicottero è scivolato subito, è andato giù, ha fatto questa rotazione violenta verso il bassoso, è andato giù a legaterarsi con me solo a bordo.

Poi è risalito subito a prendere fabio. Io sono rimasto lì sul prato perché laggiù non c’era neve. Nel frattempo è arrivato il medico, mi ha guardato come stai, guarda, non rispondevo tanto. Avevo solo preoccupazione che l’elicottero, il TE, riuscisse a recuperare Fabio. E nel momento in cui è atterrato di nuovo, l’elicottero ha spento i motori. Non riuscivo a vedere a bordo Fabio. Vedevo lo specialista del vericello, vedevo il TE, ma non vedevo Fabio. E lì, ancora angoscia, ho detto non sono riuscito a recuperarlo, mentre poi, quando l’ho visto, è stata come un altro colpo di emozione perché ho detto siamo qua tutti e due un scarico di tensione sono stati momenti che ero molto confuso ti ho visto emozionato e posso immaginare anche il motivo, perché comunque, insomma, quello che dici tu della gratitudine mi pare di aver colto.

0:39:39 – Fabio
Io per fortuna non ho ancora avuto bisogno di loro, ma in tutte le persone che ho sentito, sia per i podcast ma anche di amici, c’è sempre questa vena, sotto appunto, di gratitudine, c’è la percezione che quello che fanno è comunque qualcosa che non siamo abituati a vedere tutti i giorni e quando ci riguarda direttamente percepiamo effettivamente il valore. Non c’è molto da dire. Ci ho ripensato anche nei giorni passati prima di registrare che questo è il momento in cui di solito chiedo a chi racconta l’episodio di individuare quali sono stati gli errori o comunque le cose sbagliate. Io francamente, ripensandoci, non ne vedo molte. Non riesco a capire. La previsione è sbagliata, però non era colpa vostra. E poi, in particolare, sappiamo che le previsioni sono comunque per area, quindi abbiamo detto che sotto non c’era neve al Col de Baldi, in una zona. Sotto non ce n’era, quindi era proprio concentrata, purtroppo dove eravate voi. Hai delle riflessioni che vuoi condividere su questo evento, su questo racconto, riguardo alle scelte che avete fatto sia prima che durante?

0:41:10 – Barry
Io credo sia assolutamente da scartare, in questi casi, di addossarsi delle colpe o di dare delle colpe al tuo compagno. In quel momento in cui abbiamo intrapreso questa avventura, eravamo due persone un’accordata che doveva agire in quella parete. Avevamo la stessa idea. Quindi, se anche magari potessi dire una cosa del genere con l’esperienza che avevo all’epoca, io la notte l’avrei dormita magari al bivaco del coldai e il giorno dopo mi sarei avvicinato alla parete, magari sì, però in quel caso avete capito che avevamo molto di più in testa, avevamo un concatenamento e di rimanere lì a lavorare più giorni non c’era solo quella via, c’era questa cosa ambiziosa. Questo fa parte dell’alpinismo di quel livello e uno come Fabio Valseschini sapevo con lui che potevo fare una cosa del genere. Quindi non direi che ci sono stati delle incomprensioni tra di noi. No, abbiamo agito quello che volevamo fare. La perturbazione la potevamo anche prendere magari più in considerazione.

0:42:12 – Fabio
Non l’abbiamo presa, è stata una cosa che anche a lui era la prima volta che gli succedeva sì, sì, anche quell’aspetto lì è veramente marginale, perché comunque sapevate, non è che non avevate guardato le previsioni meteo, sapevate che c’era. Vi avevano dato dei numeri. Non sono stati quelli, è vero che si chiamano previsioni e non certezza del meteo, però comunque fa parte delle possibilità. No, infatti, come ti dicevo prima, non riesco neanche io a immaginare che è una cosa che non faccio quasi mai però a maggior ragione non riesco a vedere delle cose che potevano essere fatte diversamente. Insomma, tutto lì, quindi passerai in realtà all’altro argomento che mi sono segnato qui e che è un po’ quello che ci siamo detti quella sera, che tu hai fatto la presentazione e che mi ha colpito. Poi magari me la girerai quella, quella slide che hai proiettato quella sera, dove hai riassunto un po’ tutto ciò che è uscito su internet nei giorni successivi a questa tua avventura.

Per l’argomento è un po’ sempre quello. Cioè è un po’ il motivo anche per il quale questo podcast esiste La facilità con la quale, attraverso i social o comunque anche i siti specialistici non è necessariamente solo colpa dei social arrivano i commenti a questo tipo di disavventura, che molto spesso sono commenti critici, estremamente critici, che molto spesso sono commenti critici estremamente critici, e manca completamente la voglia e la capacità quindi di farsi delle domande sul perché sono accadute determinate cose o sul perché delle persone del livello come il tuo e di Fabio si sono trovate in una situazione del genere. Si va direttamente alla fase di accusa e questo, come ti dicevo appunto, mi aveva colpito molto e quindi vorrei chiederti un po’ la tua opinione, partendo proprio dai commenti che erano usciti i giorni successivi e alla tua reazione su questi commenti.

0:44:01 – Barry
Il fatto che quando accadono queste cose qui si deve chiamare, per forza. Devi chiamare un soccorso e c’è il sistema. Va diretto con la comunicazione, ma va diretto proprio nel momento in cui siamo scesi, siamo stati tratti in salvo e siamo stati consegnati, appunto, su quel prato alla nostra vita di tutti i giorni. Era già partita la notizia che bb 30 anni di tambre e fv 41 di leco erano stati recuperati in parete. Faccio questa riflessione che in quel momento ho avuto poco tempo di chiamare i miei genitori e mia fidanzata e le mie famiglie per dire che sono stato tratto in salvo perché fino a prima avevo, come dicevo prima avevo nascosto tutto. Come dicevo prima avevo nascosto tutto.

0:44:54 – Fabio
In quel momento lì mi è arrivato un messaggio di mio cugino che mi diceva ho sentito, sei tu che nel cerchio diretto di conoscenza non è difficile associare BB puoi mettere tutti i dati anonimi sapendo chi sei, cosa facevate quel weekend, era ovvio che eravate voi quindi questa cosa qua capisci bene che non ti lascia a margini di manovra non puoi preparare l’armatura arriva e sei già assegnato questa cosa.

0:45:19 – Barry
Cosa dobbiamo fare fare? prendercela con? no, non ce la prendiamo neanche con. Diciamo con il sistema va così. E boom, la notizia è stata messa, diciamo in rete, dappertutto, senza che noi volessimo, perché queste cose magari le vorresti tenere. È stato un tentativo, è andato male, abbiamo chiamato l’elicottero. Poi il fatto è che se esistono questi modi, questi chiacchiericci sul web, allora non c’era ancora facebook, instagram, però c’erano i forum, che erano anche simpatici degli ambienti più gestibili e diciamo anche erano ambienti sempre inerenti tutta gente che frequentava la montagna.

Però diciamo che uno, quando si mette a criticare, magari si prende anche delle libertà che non dovrebbe prendersi. Io dico sempre mi sembra di capire che chi si prende queste libertà di criticare è uno che magari non si sente più in pericolo, magari ha smesso anche la sua attività. Parliamo di uno che comunque sa le cose che ha fatto alpinismo, perché chi non è del mestiere chi non pratica la montagna.

Si sa che il mondo ormai chiacchiera. Però uno che ha praticato l’alpinismo e che si mette a criticare è uno che la maggior parte delle volte è uno che ha smesso di fare attività e si vede al sicuro. Secondo me sì, è uno che ha smesso di fare attività e si vede al sicuro. Secondo me sì, è uno che si vede al sicuro dico di qualsiasi età, non stiamo a dire e si trova in questa situazione che può vedere gli sbagli che fa un altro. Io non mi sento di criticare nessuno. Io, quando sento la notizia di qualcosa che è successo in montagna, principalmente voglio sentire le cause, perché voglio sapere cosa può succedere, quello che potrebbe succedere anche a me.

0:47:28 – Fabio
Questa è una cosa, questa è un po’ la base del motivo per cui siamo qua. Lo condivido. insomma, sono perfettamente d’accordo. Non so come aggiungere perché mi hanno colpito molto quelle affermazioni, perché le ho trovate un po’ un gran classico e, come dici tu, però nello stesso tempo le ho trovate strane, proprio perché venivano da un forum comunque di alpinisti e che credo che questo passaggio culturale tra la critica e l’analisi, per cercare di capire appunto quali sono stati gli errori, di nuovo non per criticare ma per imparare, come hai detto giustamente tu sia un passaggio culturale che richiederà ancora un po’ di tempo. Quindi ci siamo in mezzo, secondo me, e le cose stanno un po’ cambiando e stanno migliorando. Quindi questo è un po’ la speranza che le cose migliorino un po’ con più velocità, perché davvero in certi momenti diventa quasi insopportabile, quando capita soprattutto a persone che conosci e che sai effettivamente che capacità hanno in montagna e come si muovono in montagna. Quindi davvero è un po’ spiacevole. Poi c’è un’ultimissima cosa, magari, che ti chiederei così di discutere con me, con noi insieme. L’hai accennato prima all’attività di arrampicata in solitaria, che non vuol dire in free, solo senza corda, ma comunque con l’uso della corda.

Ma te lo chiedo perché è sicuramente un modo di arrampicare che va fuori dagli standard classici e quindi, di nuovo, per tornare a collegarmi a quello che ho detto prima, potrebbe aprire la porta a critiche da parte di chi vede in questo un ulteriore rischio, un’ulteriore assunzione di rischio, a volte immotivata magari da chi non conosce per ognuno di coloro che frequentano la montagna e che quindi anche questo aspetto di giudicare la scelta di esporsi a determinati rischi è qualcosa di cui dovremmo forse fare un po’ un passo indietro, cioè cercare di capire le esigenze che ha questa persona, perché è un rischio, corrisponde comunque a un beneficio.

Mi prendo dei rischi per un particolare motivo e non è così facile sempre capire il perché qualcuno si prenda determinati rischi. Quindi torno a lasciare la parola a te. Ti chiederei di nuovo, appunto, di spiegare un po’ come funziona e di capire insieme a te, tecnicamente, quali possono essere appunto i rischi aggiuntivi di un’attività di questo tipo e il perché. Tu in particolare, l’hai fatta per molto tempo, comunque l’hai fatta a un buon livello molto tempo, comunque ne hai fatta a un buon livello.

0:50:05 – Barry
Credo che la pratica dell’arrampicata in solitaria sia intrinseca a uno stato d’animo, a un carattere. In questo caso ci ricolleghiamo per forza a tutto quello che abbiamo parlato prima di quell’accadimento e di quello che ho percepito e ho imparato da un grande alpinista solitario come Fabio Vaseschini, che è stato uno che ha saputo, come si dice, non vincere, ma ha saputo gestire giornate intere in montagna, in parete, e quindi capire anche dal suo carattere, se vogliamo, magari uno che va in parete da solo ha anche un carattere difficile. Però da lì capisci da dove deriva quel cambiamento, perché l’ho percepito e l’ho accusato anch’io e sono stato contento del cambiamento che mi ha dato, sono contento di come sono cambiato, proprio grazie alla pratica che ho fatto da solo Si capisce proprio che intanto sei già predisposto per stare da solo, stai bene da solo, è una cosa proprio che ti arriva già da molto prima, già da piccolo ti senti che stai bene da solo, qualche volta a giocare, giochi, ti trovi bene da solo, parli da solo. Successivamente capisci che è una cosa tua e lì ti viene proprio l’illuminazione e dici ma potrei proprio fare e ti senti libero di gestire, ma anche di decidere il tutto. Questo è ancora legato a quel momento in cui abbiamo dovuto gestire quella situazione assieme.

Quando mi sono scatenato con la rampicata solitaria, è sicuramente stata provocata da tutte queste cose che volevo proprio provare, provocata da tutte queste cose che volevo proprio provare, volevo un po’ emulare quel personaggio che avevo conosciuto. Per questo devo ringraziare di aver di essermi legato, perché quella passione che era dentro di me della rampicata in solitaria, perché avevo visto magari quel famoso film di Pietro che saliva la Paolo Sesto in solitaria, che parlava con il, e quella sensazione di star bene da soli, io quella l’avevo percepita e mi ero innamorato proprio. E poi tutte le solitarie. Però poi nelle solitarie c’è il bello e il brutto.

Quando poi succede che senti appunto che uno in solitaria di un certo nome, come Marco Anghileri, ti passa la voglia di dire vado a fare arampicata in solitaria, però è proprio quella che poi alla ricerca dici non puoi fare a meno, ti senti attratto in una maniera che è diversa da quella che senti quando sei legato in cordata con un altro amico, che approfondisci questa salita, dici andiamo a fare quella via, no, da solo, hai un’altra spinta e lì lavori da solo, ti alleni da solo.

Allora qui devo dire anche l’allenarsi da solo, che è quel momento che magari metti fuori un po, che sei un po lo scoperto, e ti trovi magari in una palestra e ti vedono che ti stai allenando in autosicura. Ecco, in quel momento lì c’è gente magari che non capisce e ti dice ma vai, lascia stare che ti faccio sicura, io No, in quel momento sei dentro la bolla e io i primi anni dicevo va bene, dai, tienimi la corda. Negli ultimi anni, qui invece proprio ero dentro la bolla, non ascoltavo neanche, quasi rispondevo, ero dentro e nessuno poteva toccarmi perché l’allenamento era di un’importanza maniacale, dovevo sentire tutto. E allora in quel momento magari vedevano so che c’era gente che mi vedeva, mari salire via come il cassonetto a potenzio, sbirciava via, vedeva che magari sto qua, va su, non si ferma mai, per quanto la conosco, come la stradella di casa mia, è comunque sempre un 7a che la gente cerca di fare al meglio. Io appunto, era il mio test, lo faccio bene, domenica si va.

0:53:52 – Fabio
E quando poi andavo gli ultimi anni andavo su posti dove non mi vedeva nessuno, era proprio la scelta di uscire del tutto anche questo forse probabilmente è un aspetto che viene sottovalutato, che magari chi non lo fa non capisce il percorso che serve per arrivare a fare questo tipo di attività, che poi sta dietro il fatto di poterla affrontare in maniera razionale e soprattutto secondo me almeno consapevole di quelli che sono i rischi. L’allenamento ti fa anche capire a cosa ti stai esponendo e quindi nel momento in cui decidi di farlo devi essere consapevole. Sei consapevole di quello che è il rischio a cui ti vai a esporre è una cosa che sei una macchina, sei intrattabile.

0:54:36 – Barry
In tutte le salite solitarie che ho fatto, le ho contate, sono più di 50, sono sette anni, appunto, di pratica assidua. Certi anni sono state una quindicina all’anno. Vuol dire essere sempre, essere sempre fuori da solo. Le ho sempre fatte con la cognizione non di andare a fare una prima solitaria, andavo proprio per la mia ricerca personale, non la la diceva nessuno, era un laboratorio, andare a rampicare in solitaria. E questo deriva proprio dal cambiamento di carattere. Allora ho capito anche il carattere di uno come Fabio Vaseschi. Il perché era così Si può capire anche perché hanno fatto il film di Riccardo Bè fatto il film di Riccardo B perché uno con un carattere così, come diceva la sua moglie, era difficile entrare in una psiche così. E in quel momento io avrò fatto la mia parte. Che dico beh, barry, non dire che hai fatto la tua parte, diciamo modesta, no, in certi casi erano uscite che io guardavo.

Ieri sera stavo proprio guardando delle foto, i filmati che facevo quando ero su tipo Cima dell’Elefante, la Libanos, alcivetta, il grande muro, sass della Cruz. Sei lì da solo Vuol dire che se ti succede qualcosa non so se hai modo di chiamare qualcuno, ti vede, o sei spacciato o altre vie che negli ultimi anni ho cercato di trovare la massima espressione dell’incognita senza essere mai stato neanche nel posto. Quella che mi ha segnato di più, che mi mette ancora a suggestione solo pensare, è la salita della Gianneselli allo Spizz Nord di Mezzodì, via che nessuno conosce perché lo stesso Gianneselli sono amico di Gianneselli me ne aveva parlato. Bene, ha detto forse secondo me ha detto delle mie vie lì sui Spizz è la più bella.

Io sono andato con quella di vedere se era proprio bella. Avrò fatto la prima sol solitaria, avrò fatto magari anche la seconda ripetizione, perché non credo l’abbiano fatta in tanti, ma neanche non mi preoccupo di quello. Era proprio la sensazione di dover gestire una giornata in quel luogo che mi riempiva proprio, riempiva l’animo, era proprio un posto. Ecco, questa è la solitaria per me, ok perfetto.

0:57:00 – Fabio
Bene, io ho esaurito i punti di discussione. ti ringrazio della disponibilità, ancora davvero, e ci sarebbe ancora tantissimo da dire, ma qui abbiamo ampiamente sforato, ma troveremo una soluzione, perché tutto quello che abbiamo tirato fuori è sicuramente da condividere. Quindi, davvero, grazie ancora di aver partecipato.

0:57:18 – Barry
Grazie a te, Fabio, grazie a te.

0:57:20 – Fabio
Ci sentiamo, a presto.