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10 anni di incidenti da valanga in Italia

con Igor Chiambretti

“Sbagliando impariamo!”

È il modo migliore per imparare, ma non è sempre utilizzabile per le valanghe perché il rischio di morte o lesioni gravi è troppo alto. Ma possiamo imparare dagli errori degli altri. È un vantaggio significativo raccogliere informazioni sugli incidenti da valanga come strumento di prevenzione fondamentale.

Con l’aiuto del dott. Igor Chiambretti, responsabile tecnico dell’AINEVA, illustreremo gli incidenti evidenziando le principali tipologie di incidenti italiani che hanno maggiormente caratterizzato quest’ultimo decennio nella speranza che questi esempi possano costituire una migliore strategia di prevenzione.

L’analisi degli incidenti da valanga in Italia evidenzia la complessità del rischio in ambiente montano innevato e la necessità di un approccio multidimensionale alla prevenzione. La pianificazione, la consapevolezza dei rischi, la conoscenza del manto nevoso e la prudenza sono elementi fondamentali per ridurre la probabilità di incidenti. L’impegno di AINEVA nella raccolta dati, nell’analisi e nella divulgazione di informazioni, unitamente all’utilizzo di strumenti tecnologici come l’app per bollettini valanghe, contribuisce in modo significativo alla sicurezza degli appassionati della montagna.

Punti salienti dell'episodio
  • AINEVA: È l’associazione interregionale Neve Valanghe che coordina i servizi di previsione valanghe regionali e provinciali dell’Arco Alpino e delle Marche. È anche Centro di competenza per il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile sulla tematica neve-valanghe.
  • ISSW: Principale convegno internazionale sul tema neve e valanghe. AINEVA vi partecipa da molti anni, presentando analisi della banca dati incidenti in valanga italiana, gestita da oltre 40 anni.
  • Due paper presentati all’ISSW: Analizzano rispettivamente:
    – Statistiche degli incidenti in valanga degli ultimi 10 anni (autori: Stefano Pivot, Davide Viglietti, Igor Chiambretti). PDF
    – Analisi della situazione del manto nevoso in occasione di questi eventi (autori: Mauro Valt, Renato Zasso, Giovanna Burelli, Igor Chiambretti).
  • Tipologie di incidenti ricorrenti (ultimi 10 anni):
  1. Sovraffollamento: Aumento della frequentazione di siti montani grazie ai social media, creando “trappole cognitive” legate all’illusione di sicurezza.
    Soluzioni: Pianificazione accurata dell’escursione (metodo 3×3 Munter), briefing pre-escursione con tutti i membri del gruppo, identificazione di un leader, de-briefing a fine giornata.
  2. Fuoripista occasionale: Sciatori su pista che si avventurano fuori pista senza consapevolezza dei rischi e senza attrezzatura adeguata.
    Soluzioni: Campagne di sensibilizzazione, segnaletica chiara sui rischi del fuoripista.
  3. Valanghe di inizio/fuori stagione: Nevicate su ghiacciai o terreni accidentati in alta quota, con formazione di strati fragili e rischio di caduta in crepacci.
    Soluzioni: Consapevolezza del rischio anche fuori stagione, consultare blog e bollettini nivometeo, chiedere informazioni a guide alpine e rifugisti.
  4. Valanghe di dimensioni inaspettate: Valanghe molto grandi causate da strati deboli persistenti, difficili da individuare.
    Soluzioni: “Pazienza, persistente pazienza e cautela” (Bruce Tremper). Scelte conservative, iper-prudenza, rinunciare se necessario. Test di stabilità del manto, ma con consapevolezza dei limiti. Evitare del tutto pendii a rischio.
  5. Piccole valanghe con gravi conseguenze: Piccoli scaricamenti che trascinano le vittime contro trappole morfologiche (falesie, salti di roccia, incisioni di torrenti, massi).
    Soluzioni: Lettura del terreno, pianificazione accurata dell’itinerario, identificazione delle trappole morfologiche, utilizzo del GPS in caso di scarsa visibilità.
  6. Sci ripido: Pratica in forte aumento grazie a attrezzature migliorate, con rischio elevato di incidenti all’imbocco e allo sbocco dei canali (terreno ripido), a causa di perdita di equilibrio e impatti contro ostacoli. L’uso dell’airbag può risultare controproducente.
    Soluzioni: Migliore analisi delle condizioni, valutazione della stabilità del manto nevoso, consapevolezza del livello di esperienza personale.
  • App AINEVA per Bollettini Valanghe: Disponibile per Android e iOS, offre accesso ai bollettini delle regioni dell’Arco Alpino e delle Marche, informazioni dettagliate per zona, blog e altre informazioni accessorie.
  • Rivista Neve&Valanghe: Sul sito web sarà pubblicata a primavera la versione in italiano di questi e altri articoli.
Trascrizione dell'episodio

0:00:00 – Fabio
Bentornato a Igor Chiambretti alla Dinamica. E dico bentornato perché, se qualcuno tra coloro che ascolta non avesse consapevolezza, igor è già stato ospite del nostro podcast in passato, a dicembre del 2023, con un altro episodio. Quindi, intanto, grazie di nuovo per aver dato ancora una volta la tua disponibilità grazie a voi, sabio, per l’invito che assolutamente gradito, e ben ritrovati tutti quindi sì, normalmente a questo punto dell’episodio io chiedo all’ospite di presentarsi, ma sarebbe una ripetizione, quindi rimando tutti all’altro episodio.

Ricordo solo in sintesi la parte che magari può essere più interessante per la nostra chiacchierata di dopo. Igor Chiambretti è il direttore tecnico della Ineva.

Quindi magari, igor, se vuoi spiegarci un po’ in poche parole che cos’è la Ineva e cosa fa

0:00:58 – dott. Chiambretti

L’Aineva è l’associazione interregionale Neve Valanghe, che è l’ente che coordina e riunisce tutti i servizi di previsione valanghe regionali e provinciali dell’arco alpino, quindi Piemonte, valle d’Aosta, lombardia, le due province autonome di Trento e Bolzano, regione del Veneto, regione Friuli Venezia Giulia e poi abbiamo anche la Regione Marche, che è l’unica regione nell’area appenninica. Coordiniamo l’attività di questi uffici, ci occupiamo di fare formazione professionale per formare i tecnici del settore e siamo poi centro di competenza per il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile sulla tematica neve e valanghe.

0:01:42 – Fabio

Ok, perfetto. E nell’ambito di questo tipo di attività e qui veniamo al sodo dell’argomento della conversazione, di questa puntata avete realizzato degli articoli, dei paper che avete recentemente pubblicato e presentato all’ISSW, che è un workshop internazionale su neve e valanghe che quest’anno si è tenuto a Tromso, e quindi di questo articolo anzi di questi articoli, perché sono due articoli separati di cui tu sei coautore dopo magari vedremo insieme chi sono anche gli altri autori però prima di tutto cerchiamo di inquadrare questi due articoli. Sono due articoli che analizzano la situazione valanghiva degli ultimi dieci anni in Italia, in particolare per quanto riguarda alcune tipologie di valanga e di cause di valanga e per l’analisi anche della situazione del manto nevoso in questi eventi.

0:02:43 – dott. Chiambretti

L’ISSW è il principale convegno internazionale sul tema della neve delle valanghe, alle quali come Aineva e come uffici associati, partecipiamo da tantissimo tempo, come un po’ da tradizione. è un momento per la condivisione delle esperienze e delle conoscenze che ogni servizio valanghe sviluppa sul proprio territorio e noi in particolare abbiamo questa tradizione che da più di 40 anni a Ineva detiene e mantiene la banca dati incidenti in valanga per l’Italia e quindi presentiamo a questo convegno internazionale quelli che sono un po’ gli spunti di ricerca, le riflessioni che possono venire fuori dall’analisi di questi dati che abbiamo a disposizione. In particolare quest’anno, o meglio l’anno scorso, a Trumso, all’ultima edizione dell’ISSW, abbiamo portato questi due lavori che hanno fatto un po’ il focus sulle dinamiche, in particolare degli ultimi 10-15 anni, degli incidenti che sono avvenuti in Italia, cercando un po’ di trovare, di capire quali sono le dinamiche principali che stanno avvenendo e anche dal punto di vista dei valori statistici, insomma quali sono i valori di riferimento che caratterizzano gli incidenti in Valanga in Italia.

0:04:11 – Fabio

Ok, ne stiamo parlando io e te, perché tu sei, come dicevo prima, coautore. Quindi mi corre l’obbligo, e mi sembra giusto anche citare gli altri autori di questi due paper, che sono Stefano Pivot e Davide Viglietti per il primo, quindi quello sulle statistiche degli ultimi dieci anni, e Mauro Walt, renato Zasso e Giovanna Burelli per l’altro articolo invece, che va un po’ più nel dettaglio corregimi se sbaglio sull’analisi della situazione del manto nevoso in occasione di questi eventi. Mi pare.

0:04:48 – dott. Chiambretti

Sì, diciamo che i due lavori, quello fatto con il collega Stefano Pivot, che è dell’ufficio Valanghe di Aosta ed è anche una guida alpina, e con Davide Viglietti, che è di Previsore Valanghe di Arpa, piemonte, abbiamo un po’ analizzato e definito quelle che sono le tipologie tipiche di incidenti in Valanganga che sono avvenute in questi ultimi dieci anni. Con l’altro lavoro e con i colleghi del centro valanga di Arabba di Arpa, veneto, abbiamo invece cercato di estrarre quelli che sono i principali parametri che permettono di descrivere gli incidenti in valanga, come i valori statistici, quindi chi viene coinvolto in queste valanghe, dove avvengono queste valanghe, a quale quota esposizioni su quale tipologia di strati fragili e quindi tutti i parametri che possono permettere di caratterizzare questi incidenti.

0:05:36 – Fabio

Bene, allora, qui, adesso, prima di cominciare, mi corre l’obbligo, di nuovo, anche di fare un’altra cosa, di fare un po’, di dare un po’ una motivazione nel perché siamo qui A parte il fatto che ovviamente seguo il tuo lavoro proprio perché ci conosciamo mai da un po’ e conosco il livello scientifico del materiale che producete ma soprattutto nel primo paper, nell’abstract, nell’introduzione, c’è proprio una frase che mi ha ovviamente colpito visto, parliamo di questo podcast che dice che impariamo dai nostri errori attraverso gli errori però, giustamente, questa citazione veloce è stata poi fatta seguire da un approfondimento che dice che purtroppo in ambito neve, valanga e quindi nel caso di incidenti di valanga non sempre la valanga stessa ci lascia la possibilità di imparare veramente, quindi l’esito può essere purtroppo in fausto e quindi l’insegnamento Il primo errore rischia di essere anche l’ultimo.

0:06:35 – dott. Chiambretti

Esatto Ed è per questo che è importante poter esaminare e venire a conoscenza degli incidenti e quindi esaminarne le dinamiche per poi discuterle in modo tale da poter apprendere attraverso l’esperienza, ahimè, e gli errori che gli altri hanno commesso.

E quindi, da questo punto di vista, il tuo podcast è assolutamente sinergico a questa nostra filosofia

0:07:04 – Fabio

sì, è perfettamente, credo, in complemento, perché appunto noi parliamo dell’aspetto degli errori, che sono tipicamente degli errori umani o tecnici. Comunque però lo facciamo in maniera molto soggettiva e anche, se vogliamo, un po’ empatica nei confronti di chi ha subito l’incidente. Invece voi fate un’analisi giustamente molto più tecnica, più astratta, come è giusto che sia, a livello statistico, a livello scientifico, e quindi sono due attività che sono sicuramente interessanti entrambe, che possono viaggiare parallele e si completano una con l’altra, poi, appunto, unendo le due sorgenti. Ecco perché mi sembrava giusto e utile condividere questo lavoro anche con chi ascolta questo podcast.

0:07:47 – dott. Chiambretti

Sì, anche perché il nostro scopo, pur facendo delle analisi tecniche anche molto approfondite, non è certamente quello di puntare l’indice sulle persone che sono rimaste coinvolte o vittime di questi incidenti, ma è proprio per far sì che, nel limite del possibile, eventi del genere non si possano ripetere, perché la gente ha occasione di apprendere attraverso questi errori, magari, le modalità per modificare i propri comportamenti ed evitare di ripetere, di incorrere nuovamente in errori similari. Questo è il beneficio di questo tipo di approccio, perché vietare non serve assolutamente a niente. Quello che serve è far rendere consapevoli le persone che le attività che facciamo in montagna sono bellissime, gli seguiamo le nostre passioni, ma dobbiamo essere coscienti che ci sono dei limiti che possono essere gestiti adeguatamente.

0:08:49 – Fabio
Insomma, esatto, noi oggi non entraremo magari troppo nel dettaglio dal punto di vista numerico, su mortalità e quant’altro, però credo che sia interessante lo stesso fare una precisazione, cioè le informazioni sulle quali voi avete realizzato, in base alle quali voi avete realizzato questo lavoro, in realtà, come ci siamo già detti altre volte, sono delle informazioni in parte limitate, cioè le informazioni che voi avete sono quelle relative a incidenti che hanno visto tipicamente l’intervento del soccorso alpino o comunque delle autorità, e quindi in qualche modo sono quelli più gravi. Tra virgolette, su questo vuoi dirmi tu qualcosa.

0:09:31 – dott. Chiambretti
Sì, diciamo che ovviamente la totalità degli incidenti con esito mortale, quelli sono presenti nel database, ovviamente, e anche, direi quasi, la totalità degli incidenti con serimenti più o meno gravi che richiedono comunque un trattamento di tipo ospedaliero o comunque delle operazioni di soccorso all’infortunato.

Certo è, e questa è la problematica di tutte le banche dati incidenti in tutto il mondo, è che un numero molto vasto di incidenti, che magari hanno conseguenze molto ridotte, al di là dello spavento e magari qualche sbucciatura, contusione, purtroppo non vengono segnalati e questo perché, in particolare qua in Italia, lo sappiamo c’è questo timore di subire conseguenze legali di un incidente e questo però pone un grosso limite alla ricerca e soprattutto poi alla implementazione delle procedure di gestione del rischio, di miglioramento di queste procedure. Ed è un grosso peccato perché, nella realtà, se potessimo condividere tutte queste informazioni e le potessimo esaminare con la filosofia che ci siamo detti prima, cioè non voler puntare l’indice sulle persone, perché tutti noi, anche gli esperti, possono sbagliare, ma semplicemente avere la possibilità di esaminare con calma quelli che sono i fattori che hanno condotto all’incidente, per trarne poi delle buone indicazioni per i comportamenti futuri.

0:11:08 – Fabio
Condivido al 100%. Quindi, con questa premessa doverosa della metodologica, si direbbe quindi sulla qualità del dato dal quale siete partiti, io ti chiederei direttamente di fare un primo assunto veloce di quali sono quindi le principali cause di valanga in Italia e in particolare negli ultimi anni. Questa è una cosa che inoltre mi aveva colpito. Le statistiche che abbiamo noi adesso sono disponibili su anni che vanno molto indietro nel passato. Non c’è molta informazione su anni più recenti. Quindi questo almeno credo, dopoo sono io che non li ho visti.

0:11:46 – dott. Chiambretti
Però mi ha colpito molto che tu o voi, anzi, arrivate fino al 2023, se non ho capito male sì, sì, sì, fino alla scorsa stagione poi l’abbiamo limitata perché avevamo già qualche evidenza di incidenti accorsi proprio ormai alla fine dell’estate, incidenti di tipo alpinistico, ma non li abbiamo inseriti perché comunque, insomma, a un certo punto uno deve anche porsi dei limiti al lavoro di analisi.

C’è da dire, comunque, che le nostre banche dati sono molto più complete di quanto non traspaga perché, come ovvio, all’interno della nostra banca dati sono presenti tutta una serie di informazioni che comunque vengono mantenute riservate perché potrebbero teoricamente consentire di sapere collegare l’evento alle singole persone, quindi magari andare alla ricerca di dettagli morbosi, di individuazione delle responsabilità. quindi, questo noi non lo vogliamo fare, teniamo questi dati strettamente riservati, salvo perché per motivi di indagine scientifica, e quindi quello che traspare verso l’esterno è solo una piccola parte delle informazioni che sono contenute all’interno delle banche dati action cam o dispositivi video che hanno video registrato in diretta l’evento, piuttosto che dalle tracce di gps, che sono acquisibili e che sono veramente una miniera di informazioni, ovvio, che però devono essere trattate con un minimo di scrupolo, di attenzione e anche di riservatezza sì, effettivamente, gli apporti tecnologici degli ultimi anni.

0:13:49 – Fabio

Anche confrontando l’analisi di incidenti in altre realtà nordamericane, si nota molto spesso questo riferimento soprattutto alle tracce GPS che consentono di capire veramente dove uno ha sciato, con che ritmo, con che pause. Questo aiuta sicuramente a capire la dinamica, il termine che torna, la dinamica e quindi anche le scelte dal punto di vista del fattore umano. Quindi, alla luce di queste informazioni, quali sono questi punti?

0:14:21 – dott. Chiambretti

Noi abbiamo individuato una serie di tipologie di incidenti che abbiamo definito ricorrenti, perché ovvio che nel mare magnum di incidenti ci sono poi anche alcune situazioni che sono un po’ più atipiche ee ricorrente, al quale abbiamo dato un nome ed un cognome e abbiamo cercato di descrivere, soprattutto con la logica di prospettare anche quelle che possono essere delle soluzioni per evitare di ripetere simili dinamiche. Quindi questo riteniamo che possa essere, o perlomeno era la nostra idea di partenza, di fornire un contributo pratico, perché uno dei motti del convegno dell’ISSW, emerging of Theory and Practice, cioè una fusione di teoria e pratica, non è solo un convegno puramente scientifico, ma è un convegno, soprattutto nelle edizioni nordamericane, alle quali partecipano anche tantissimi appassionati delle discipline sportivo ricreative, e quindi è giusto offrire loro delle soluzioni pratiche e non solo teoria, che magari può suonare un po’ astrusa o di difficile comprensione. Queste tipologie sono il sovraffollamento, il fuoripista occasionale, le valanghe di inizio stagione o fuori stagione intendendo per stagione diciamo il pieno dell’inverno le valanghe di dimensioni inaspettate, le piccole valanghe che però conducono a gravi conseguenze, lo sci ripido. E queste sono le sei macro categorie di incidenti. Veramente uno dei fenomeni che è emerso con più vigore in questi ultimi dieci anni, cioè il fatto ormai che, grazie soprattutto ai social, la maggior parte delle persone sceglierono oramai la località, il sito dove andare a fare la propria attività, qualunque essa sia, cioè sci, scelpinismo, ciaspolata, freeride, cascate di ghiaccio.

Sulla base di queste informazioni che reperiscono attraverso i social, trovino parecchie persone e talvolta anche decine, se non quasi qualche centinaio di persone che hanno intenzione di svolgere questa attività. Qui si crea un grosso problema. In parte è classificabile come una trappola cognitiva dell’istinto del branco nel sen momento in cui io arrivo sul posto per fare la mia attività. Può darsi che nel frattempo le condizioni al contorno, cioè le condizioni meteorologiche, la struttura del manto nevoso, siano cambiate, e anche in maniera molto sensibile, quindi prospettando tutt’altro tipo di scenario nella realtà rispetto a quello che magari ci è stato descritto con dovizia di particolari o video entusiasmanti, troveremo gruppi diversi che si trovano a interagire in maniera completamente scordinata e questo può condurre ovviamente a delle dinamiche pericolose che possono condurre gli incidenti.

L’ultimo aspetto, che è altrettanto frequente e che oramai è diventato molto comune, è accogliere anche all’ultimo minuto all’interno del gruppo i cosetti amici degli amici, cioè gente che all’ultimo minuto viene a sapere che c’è questa possibilità di svolgere un’attività e che si aggrega. Ora queste persone pongono un problema perché non sono persone del nostro gruppo. Non ci siamo coordinati con loro, persone del nostro gruppo. Non ci siamo coordinati con loro.

Non ne conosciamo la propensione al rischio, non ne conosciamo le capacità tecniche e neanche il livello di attrezzatura che hanno a disposizione, e quindi questo pone una serie di problemi in più alla gestione.

Allora, la soluzione per risolvere questa tipologia di incidenti è intanto quello di fare una buona pianificazione dell’escursione a tavolino, ricordando il famoso metodo di riduzione del rischio, il 3×3 del Münter o uno dei tanti altri metodi di riduzione del rischio.

Fare una buona pianificazione a tavolino, fare un briefing, cioè un incontro conoscitivo, prima dell’inizio dell’escursione, con tutti i membri del gruppo per stabilire i possibili punti critici, ove sarebbe opportuno, prima di percorrerli e di attraversarli, fermarsi e rivalutare un attimo la situazione per capire se le situazioni al contorno sono cambiate alcuni dei parametri che avevamo in testa sono nel frattempo cambiati oppure no, quindi se sia possibile proseguire.

E poi anche importante individuare, nel limite del possibile, un leader all’interno di questo gruppo e far sì che la disciplina all’interno del gruppo e quindi le consegne che questo leader darà vengano seguite in maniera scrupololosa, perché il rischio di avere una situazione un po’ anarchica, in cui chiunque fa quello che vuole, fa la propria traccia e non rispetta le distanze di alleggerimento e sicurezza è un’altra fonte di possibili incidenti. E per ultimo, forse ancora più importante, il fatto che sia opportuno fare un debriefing a fine giornata, quando siamo al bar in piola o dove vogliamo insomma farci la bicchierata con gli amici. La giornata è andata benissimo. Tornare un attimo con la mente, tutti insieme, alle attività che abbiamo svolto nel corso della giornata, ai vari momenti di questa attività, e analizzarle in maniera spassionata, per capire se nella nostra condotta, per caso, ci siano state delle condizioni che avrebbero potuto condurre a un possibile incidente e con quale scenario.

0:21:32 – Fabio

Questo ci consente veramente di fare tesoro dell’esperienza e magari di evitare di ripetere comportamenti non opportuni per la prossima volta nel freeride, ma, volendo, anche in altri ambiti, cioè quelli che comunque, dove ci si muove in un ambiente nevato sia tendenzialmente un ambiente che dà pochissimi feedback, cioè li dà negativi, come dicevamo prima, in maniera molto drammatica, e quelli positivi però non sono, vengono percepiti come tali, ma non sono tali. Il positivo è qualche sciata che abbiamo fatto col pendio. L’avevo detto che non veniva giù e non è venuto giù e quindi siamo, siamo, siamo bravi, siamo forti a fare queste cose e purtroppo in realtà sappiamo benissimo che non non abbiamo l’informazione effettiva di quanto è andato bene soprattutto perché l’incidente non è mai causa di un unico fattore.

0:22:39 – dott. Chiambretti

Normalmente sono più fattori concatenati tra di loro, che interagiscono tra di loro, che quel giorno hanno condotto a uno scenario che purtroppo ha avuto degli esiti magari non piacevoli. Ma in tutte le altre condizioni lo stesso numero di fattori con le stesse caratteristiche non è detto per forza di cose che conduca all’incidente vero e proprio. Quello che si chiama la teoria del formaggio svizzero, cioè il fatto che la freccia possa attraversare i buchi del nostro Emmental e solo quando riesce ad attraversarli tutti, effettivamente l’incidente avviene. Questo è uno dei meccanismi purtroppo diciamo così dell’esperienza comune, che la maggior parte delle volte va bene e noi torniamo a casa felici e contenti. Ci sembra di essere stati dei geni, di aver capito tutto e che il previsore di turno abbia scritto un bollettino che assolutamente non era corretto nella realtà.

Magari siamo andati vicinissimi a distaccare una valanga, non ce ne siamo neanche accorti. E’ proprio per questo che è importante, nel debriefing, fare questo esercizio di fantasia di dire ma se su quel pendio che stamattina abbiamo attraversato con quel traverso tutti insieme, senza rispettare la distanza di sicurezza, se fosse venuta giù una valanga, quanti di noi sarebbero rimasti travolti? dove ci avrebbe trascinato? quanto sarebbe stata lunga la distanza di scorrimento, la profondità di seppellimento ridotta oppure elevata perché c’erano delle trappole morfologiche. Questi sforzi di fantasia ci aiutano veramente a costruire un’esperienza. Diversamente, noi saremo degli assidui frequentatori della montagna. Ma da ogni escursione non porteremo a casa niente, se non l’illusione di essere dei geni, e nella realtà magari non lo siamo ci sarebbe ancora tantissimo da dire.

0:24:40 – Fabio

Magari lo riserviamo per un’altra chiacchierata futura. È un argomento che mi interessa tantissimo e su quale sono convinto che ci sia veramente ancora molto da ricercare e in questo mi viene in conferma il convegno di cui abbiamo parlato prima, perché molti degli articoli di quest’anno sono relativi proprio a questi aspetti. Qui È un argomento che sicuramente nei prossimi anni andrà ancora di più sviluppato e analizzato, certamente Ok, passiamo al secondo.

0:25:09 – dott. Chiambretti

L’altro tema è quello del fuori pista occasionale, quello che io chiamo anche sci di prossimità, cioè il fatto che ormai negli ultimi anni quelli che sono i normali frequentatori delle piste da discesa da sci alpino non resistono alla tentazione di fare tre o quattro curve veramente a bordo pista, a pochi metri dalle palline che delimitano il sedime della pista da sci. Questo è un problema notevole perché sono persone che normalmente non hanno una grande consapevolezza dei rischi connessi al frequentare i pendii innevati non gestiti, perché la legge italiana dice che il gestore delle piste è responsabile unicamente del seglime della pista 20 cm al di là della palina che delimita il bordo pista. Teoricamente non è compito del gestore assicurare l’incolumità da valanghe E questo fa sì che queste persone escano in fuoripista senza la consapevolezza dei rischi reali che vanno ad affrontare, soprattutto senza un’attrezzatura adeguata e quindi non hanno dispositivi di protezione individuale come ARTBA, fala e SONDA, e senza un addestramento reale e spesso neanche l’abitudine a guardare il proprio compagno e verificare che pista. Non si è voltato dietro a guardare se il compagno lo stava seguendo o meno e la seconda persona invece purtroppo stacca magari una piccolissima valanga, ma rimane completamente sepolta e poi passano i minuti o addirittura i decine di minuti le mezz’ore, perché magari queste persone nel frattempo sciano fino al fondo degli impianti e poi si guardano indietro e dicono oibo, manca la bico, dove è finita? allora lì allertano i soccorsi, ma spesso è veramente troppo tardi.

Questo è un problema che riguarda anche e soprattutto gli incidenti che coinvolgono minorenni, perché ormai nei corsi di sci naturalmente questi ragazzini vengono portati a fare un po’ di attività fuori pista, anche perché è un momento ludico, entusiasmante, insomma il piacere di rompere un po’ gli schemi, ma lo fanno con un professionista che è un maestro da sci. Quindi normalmente durante durante le ore di scuola di sci è veramente raro che avvengano incidenti, salvo il fatto che, finita la lezione, questi ragazzini non vengono, tra virgolette, controllati dai propri genitori, tornano a sciare sugli stessi pendii e magari quella volta purtroppo fanno qualche metro di troppo, prendono una variante ulteriore per trovare ancora un po di neve non completamente macinata dai passaggi e lì purtroppo finiscono, finiscono, finiscono un incidente. Questo è veramente tristissimo. Da questo punto di vista le soluzioni sono più che altro le campagne di sensibilizzazione e soprattutto la posizione di segnaletica sia alle casse degli ski lift sia lungo le piste, per indicare che il fuori pista certamente si può fare. Però bisogna essere consapevoli che è un’attività potenzialmente a rischio e che soprattutto sono zone che non sono gestite.

0:29:00 – Fabio

Sì, su questo non ho molto da aggiungere, nel senso che è un argomento che effettivamente magari personalmente non ho mai considerato tanto, proprio perché è sempre concentrato sull’attività puramente sci alpinistica. Quindi sì, interessante anche questo. Effettivamente mi pare che anche recentemente ci sono stati proprio degli incidenti con degli stranieri, degli svizzeri, americani, e c’erano in mezzo un gruppo di ragazzini in particolare.

0:29:26 – dott. Chiambretti

Due, mi pare, hanno, se non ricordo male, hanno perso la vita 15, 15 anni quindi anche perché spesso sono, sono poi magari con buone capacità tecniche di scena, non è che siano dei completi neofiti. Il problema è che poi queste buone capacità li portano su versanti magari anche molto impegnativi, estremamente ripidi, e questo può condurre veramente a grossi incidenti. L’altro scenario ancora è quello delle balanghe di inizio stagione o di fuori stagione, diciamo così, nel periodo estivo, e sono due tipologie similari, in alta quota, soprattutto quando le prime nevicate arrivano a ricoprire, per esempio, i ghiacciai. E su questa, su queste interfacce è facile che, siccome la nevicata è ancora relativamente poco spessa, siamo in alta quota, veramente in alta quota.

Quindi nelle ore notturne le temperature possono scendere notevolmente, il substrato è ghiaccio, di ghiacciaio, quindi è già particolarmente freddo. Si possono facilmente generare, all’interfaccia tra la nuova neve e il substrato sottostante, degli strati fragili, stati deboli di cristalli sfaccettati. Quindi questo è un tipo di incidente che avviene con le nevicate recenti su ghiacciaio, sui versanti esposti ai quadranti settentrionali, sostanzialmente legato al fatto che le recenti nevicate vengono poi scaldate fortemente magari dall’irraggiamento solare e quindi possono dare origine a distacchi legati al rapido riscaldamento di questa porzione superficiale del manto nevoso. Il problema principale di queste valanghe è che possono anche essere di dimensioni notevoli, veramente anche molto grandi in alcune occasioni, e in ogni caso, anche se non sono di grandi dimensioni, avvengono su un terreno che è particolarmente accidentato. Per un ghiacciaio normalmente può avere dei, dei crepacci, delle seracate, quindi il distacco spesso magari rischia di trascinarci in quelle che sono delle trappole morfologiche, come possono essere le crepacciate terminali, crepacci più o meno aperti o altri accidenti morfologici di questo tipo.

Ti interrompo solo un secondo su questo, magari non all’inizio stagione, però anche a fine stagione, che credo sia comunque un problema questo riguarda per esempio anche e soprattutto mi viene in mente tanti incidenti di alpinismo, soprattutto chi fa escursionismo estivo di alta quota o alpinismo in alta quota, quindi fa dei 4000, dei 3500-4000 metri, dove effettivamente la possibilità di causare il distacco di una valanga, magari anche di un lastrone da vento, perché c’è stata una nevicatina ma poi ha tirato vento, e sulla cima del Monte Rosa, del Monte Bianco o della Marmolada non è infrequente che si possono formare lastroni. Questo vuol dire che magari io sto salendo sulla mia via alpinistica con i miei ramponi, la mia piccozza incordata. Non prendiamo in considerazione che il rischio valanghe a quelle quote nella realtà esiste tutto l’anno. Rimaniamo travolti e spesso queste persone che rimangono travolte in questa tipologia di incidenti non porta con sé, purtroppo, arva, pala e Sonda perché ritiene che sia un peso inutile.

0:33:30 – Fabio

Forse c’è anche…. Sarlo, puoi scoprire, ahimè, che occorrerebbe avere un’Arva quando andiamo in territori del genere su questo può anche influire forse il fatto che, appunto, io pensavo prevalentemente al fine stagione ma vale anche l’inizio stagione il problema manchi l’emissione di bollettini in Ivo Matteo magari.

0:33:50 – dott. Chiambretti

Certo, quello è un problema che noi sentiamo, ne siamo consapevoli, purtroppo, per caratteristiche dei nostri servizi, quindi questioni organizzative e anche di dotazione di organico, non è così semplice. Un po’ tutte le reti di osservazione e misura sull’arco alpino sono prevalentemente sviluppate alle quote intorno ai 2000 metri, 2500,. Di stazioni automatiche veramente in alta quota non ce ne sono tante, soprattutto perché garantire la manutenzione di queste stazioni automatiche in alta quota è veramente molto difficile, per non dire quasi impossibile. Questo ci rende un po’ ciechi e sordi. Abbiamo pochi dati sui quali basare le nostre osservazioni.

0:34:51 – Fabio

No, è tutto ragionevole.

0:34:52 – dott. Chiambretti
Solo che pensavo che questo potrebbe dare purtroppo la falsa convinzione che il problema delle valanghe non ci sia più, se non ne mettono il bollettino vuol dire che non ci sono più le valanghe, invece bisogna essere consapevoli che il problema può esistere, e esistono comunque, al di fuori del periodo di emissione dei bollettini. Per esempio, noi abbiamo iniziato da qualche anno a utilizzare i blog per descrivere le situazioni attraverso le quali, comunque, anche in assenza di un bollettino, riusciamo a descrivere, almeno nelle linee generali, gli scenari di pericolo sul territorio. Quindi invito tutti a leggere i blog, che sono un’ottima fonte di informazione, non solo alternativa, ma direi addirittura complementare al bollettino, perché i blog continuiamo ad ad emetterli anche nel periodo invernale, quando il bollettino Balanghe viene emesso. E poi, comunque sempre, il consiglio è quello di chiedere informazioni, per esempio all’ufficio delle guide al rifugista, per avere quel minimo di informazioni che ci consenta di valutare gli scenari che avremo davanti.

L’altra tipologia di incidente è quella delle valanghe di dimensioni inaspettate, e quindi sono veramente valanghe grandi, molto grandi, che si distaccano per la presenza di strati deboli persistenti. Quindi sono degli strati che si formano all’interno del manto nevoso per metamorfismi costruttivi, prevalentemente da gradiente termico medio elevato, e che poi, una volta formati, si durano a lungo, per settimane o addirittura per mesi, all’interno del manto nevoso.

E proprio perché nascono all’interno del manto nevoso, all’interno, in profondità, nel manto nevoso, sono più difficili da individuare anche per chi è esperto, a meno di non metterci a fare delle buche delle stratco, perché normalmente il manto nevoso ha spessori notevoli ma elevate conseguenze, perché se per sbaglio poi la valanga si stacca, la valanga sarà veramente grande, molto grande, le distanze di scorrimento saranno elevate e anche i volumi di accumulo nei depositi saranno veramente imponenti. Quindi sono balanghe che lasciano poche speranze anche ai più esperti e molti esperti, ahimè, ci hanno lasciato le piume. Le soluzioni, come diceva Bruce Tremper pazienza persistente, pazienza e cautela. Quando abbiamo evidenza che sono presenti strati deboli all’interno del mantone nervoso, una delle soluzioni possibile è quella, prima di entrare su un pendio dove abbiamo sentore che possono esserci questi strati deboli persistenti, è quello magari di provare a fare un piccolo approfondimento, un piccolo scavo o dei test di stabilità. Certo è che per risolvere questo problema dobbiamo avere delle conoscenze nivologiche abbastanza avanzate.

Quindi non è detto che uno le abbia e non è neanche detto che abbiamo tutto il tempo a disposizione per svolgere questo tipo di analisi nel manto nervoso prima di svolgere la nostra attività. Quindi, l’unico consiglio è se leggete che il problema è strati deboli persistenti, fate delle scelte molto conservative, siate iper prudenti e piuttosto rinunciate, che è sempre una buona, una buona regola, una buona misura. Ci si può divertire tranquillamente stando su pendenze più ridotte, senza per questo esporsi eccessivamente Per questo tipo di problema. Per questo problema specifico è proprio quello di dire rinunciate alloso per dirimere la questione. O meglio, lo possiamo fare, ma a quel punto facciamo un altro tipo di attività, che non è andarci a divertire in montagna.

0:39:33 – Fabio

Benissimo. Sì, infatti, mi pare che sia quella la strada ormai indicata da tutti per gestire ripeto questo tipo di problema. Non parliamo delle valanghe in generale, uno può farlo se vuole essere estremamente prudente, ma in particolare per questo tipo di problema, la soluzione è evitarlo e basta. Non c’è molto.

0:39:53 – dott. Chiambretti
All’opposto. Come scenario invece abbiamo le piccole valanghe, ma con gradi conseguenze. Quindi queste sono veramente valanghe molto piccole, addirittura quelle che noi chiamiamo scaricamenti. Talvolta, la maggior parte delle volte, sono incidenti che avvengono nella fase di salita e che causano la morte, più che per la valanga di per sé, più che per la valanga di per sé, per il fatto che lungo il percorso che poi seguiremo assieme alla valanga, sono presenti delle trappole morfologiche, che possono essere delle piccole falesi, dei piccoli salti in roccia dai quali verremo proiettati, conche depressioni o contropendenze nelle quali potremmo venire spinti all’interno, così come le incisioni dei corsi d’acqua, dei piccoli torrenti di montagna, oppure anche ostacoli isolati come massi alberi presenti lungo il percorso della valanga. La valanga di per sé è relativamente piccola, ma moriamo per le conseguenze dell’impatto contro ostacoli oppure perché veniamo fatti cadere da una scso.

Individuare le trappole morfologiche lungo il percorso e la maggior parte delle volte sono problematiche che sono facilmente aggirabili con una piccola deviazione, proprio perché si tratta di piccole valanghe. Quindi il resto del pendio normalmente è in ragionevoli condizioni di stabilità, quindi abbiamo delle alternative da percorrere. Un problema che può condurre a questi incidenti è spesso la scarsa visibilità e qui, per fortuna, la tecnologia ci può venire in soccorso e quindi, utilizzando per esempio un GPS e avendo pianificato correttamente l’itinerario a tavolino e quindi avendo costruito la traccia da seguire e avendola salvata sul GPS, possiamo risolvere questi problemi legati alla mancanza di visibilità, perché è ovvio che tutte le volte che non possiamo valutare a pieno le condizioni del contorno, potenzialmente ci esponiamo a delle possibili conseguenze negative in caso di incidente.

0:42:29 – Fabio
Sì, di questo argomento avevamo parlato anche l’altra volta insieme nell’altro episodio, e c’è anche un post nel blog sulla dinamica podcastit.

0:42:40 – dott. Chiambretti
Chi è interessato trova un po di riferimenti ulteriori lì esatto ricordando per esempio quell’episodio, banalmente l’idea magari di fare un ancoraggio, una sosta di sicurezza dove sostare mentre il compagno magari inizia la solita, può essere sempre un’ottima strategia in alcuni contesti morfologici. L’altra tematica, ed è l’ultima che sta venendo veramente alla ribalta, è il fatto che la pratica dello sci ripido, e anche lo sci ripido estremo sia venuta alla ribalta negli ultimi 10-15 anni in maniera notevole, grazie al fatto anche che le attrezzature sono notevolmente migliorate. Quindi abbiamo degli strumenti ai nostri piedi che ci permettono di affrontare, anche senza avere grandi capacità tecniche, pendenze estreme. Questo però pone pone dei problemi abbastanza seri, e soprattutto non tanto nella tratta più ripida in assoluto del nostro itinerario, quindi classicamente, per esempio all’interno del canale, quanto all’imbocco o allo sbocco di questi canali, dove il terreno comunque è ancora ripido o estremamente ripido. Quindi parliamo ancora di pendenza, di tranquillamente di 35, 36, 37 gradi.

Il problema principale di queste, di queste situazioni è che se perdiamo, se la valanga ci fa perdere l’equilibrio, anche se se si tratta solo di un piccolo scaricamento, a quel punto poi la forza, la componente tangenziale della forza di gravità fa il suo mestiere e quindi siamo su pendenze elevate, rotoleremo, scivoleremo molto rapidamente verso valle e la maggior parte delle volte le vittime muoiono più che altro per impatti a velocità elevata contro gli ostacoli che possono trovare lungo il percorso quindi rocce, alberi isolati, piuttosto che salti, salti in roccia e quindi la possibilità di travolgimento è sempre difficilmente valutabile. Non è così facilmente valutabile però in queste zone che sono gli imbocchi dei canali, sono anche i punti dove normalmente magari ci fermiamo un attimo, ci raggruppiamo, facciamo il deposito degli sci se l’ultimo pezzo di salita sarà sarà a piedi e quindi questi punti possono diventare, oltre a essere i punti dove naturalmente sarà più facile che si siano formati i lastroni da dentro, possono diventare dei luoghi dove noi andremo a esercitare un sovraccarico molto forte, perché ci saremo raggruppati e molto puntuale, che quindi potrà facilitare il distacco di queste valanghe. Su questo punto c’è ancora l’aspetto, per esempio, dell’utilizzo degli airbag. L’airbag è sicuramente un disposit, venisse portata nella parte più superficiale e più veloce del flusso della valanga e quindi nella realtà del gruppo. Sono le persone che hanno fatto più strada come lunghezza di scorrimento, hanno acquisito le velocità più elevate e spesso e volentieri sono poi morte per traumatismi legati all’impatto, perché l’airbag serve per galleggiare, non è come per la macchina, dove lo scopo principale è quello di proteggerci dagli impatti.

Lo fa solo in parte e la maggior parte delle volte le sacche dell’airbag vengono lacerate al primo impatto e quindi dopodiché non è più performante come strumento. Quindi qui la soluzione è una migliore analisi delle condizioni, soprattutto valutare molto attentamente le condizioni di stabilità del manto nevoso agli imbocchi e agli sbocchi di questi canali estremamente ripidi come avevamo già detto anche la volta scorsa perché questi saranno i settori dove più facilmente i depositi da vento si saranno formati. Questi depositi da vento saranno un un po più sottili rispetto alla parte centrale del canale, più ripida, e quindi saranno anche più facilmente innescabili. E poi, soprattutto, valutare molto bene il livello di esperienza personale, di capacità tecnica, perché anche solo la perda di equilibrio perché in una curva saltata non sono riuscito a riatterrare correttamente e ho perso l’equilibrio può diventare fonte di grossissimi problemi, di di vere e proprie tragedie. Quindi queste sono sostanzialmente i sei scenari più comuni di incidenti che in questi ultimi dieci anni abbiamo individuato come i più ricorrenti e quindi abbiamo ritenuto opportuno evidenziarli.

0:48:07 – Fabio
Mi ero segnato di chiederti anche di raccontarci un po’ l’aspetto legato al secondo paper. Però guardando l’orologio penso che valga la pena quasi dividerlo in due eventualmente ci risentiamo molto volentieri un’altra perché diciamo, come dicevamo all’inizio, sono due argomenti che si legano.

Quindi fino adesso abbiamo visto alcuni comportamenti. Nell’altro articolo ci sono degli aspetti un po’ più tecnici, magari relativi alle condizioni del manto nevoso, che possono essere altrettanto interessanti. Io credo che, per quanto riguarda appunto questo primo articolo, abbiamo detto un po’ tutto. Ci sono degli elementi comuni che credo siano appunto, come dicevi tu all’inizio, soprattutto parlando della prima tipologia, sono quelli legati a una pianificazione. Già fondamentalmente tutti questi aspetti, anche prima dicevi, in caso di scarsa visibilità, il gps, però appunto nel gps bisogna aver messo la traccia e quindi rientriamo in una pianificazione corretta dell’uscita, la gestione dell’uscita in caso di gruppi numerosi, però anche in caso di gruppi chiamiamoli tra virgolette normali di scelpismo che ormai mi pare di aver capito, siamo tutti d’accordo vanno tra i quattro, massimo sei persone, non di più perché meno.

C’è il problema poi dell’autosoccorso, di più si innescano tutta quella serie di problematiche di cui parlavamo prima, di comunicazione, di gestione del gruppo, che esplodono in maniera esponenziale con l’aumentare del numero stesso. Quindi anche la scelta, l’essere rigidi nel dire anche tu l’hai citato prima, no, guarda, non portare nessuno. Se arriva qualcuno la mattina e dici guarda, vieni via la prossima settimana, oppure dobbiamo cambiare tutti quanti idea e rivedere completamente le nostre aspettative si può anche rivedere.

0:49:53 – dott. Chiambretti
Si, certo, se abbiamo fatto una buona pianificazione, avremo tra le nostre opzioni più di un itinerario. Ci sarà l’itinerario principale, che naturalmente sarebbe quello che vorremmo fare, ma magari abbiamo avuto anche il buon senso di pianificarne altri due o tre di tracce possibili, di itinerari possibili, anche magari con profili di rischio meno importanti di quello principale, e quindi questo ci consente magari di dire vabbè, sono arrivate queste nuove persone che non conosciamo. Oppure abbiamo un gruppo che non è particolarmente affiatato o omogeneo come capacità tecniche, qualità del livello dellcare, e che ci permette magari di fare tranquillamente una bellissima escursione, divertendoci tutti, senza sfiancare nessuno e senza, soprattutto, rischiare di finire in un incidente, che è veramente quello che tutti credo vorremmo evitare chiaro.

0:51:05 – Fabio
Questo aspetto della pianificazione mi dà anche il gancio per chiudere, ritornando alla Ineva per parlare insieme a te di un’app che l’Ineva ha proprio rilasciato in questa stagione 2024-2025, che riguarda il bollettino Balanghe.

0:51:25 – dott. Chiambretti
Abbiamo fatto un regalo di Natale li trovate sia per ambiente Android sia per iOS, quindi per ambiente Apple una app che consente di visualizzare i bollettini degli enti associati ad Eneva, quindi di tutte le regioni dell’arco alpino più la regione Marche, quindi di consultare il bollettino in tempo reale, di avere tutte le informazioni dettagliate cliccando sulla singola meteo, nivo, zona di nostro interesse, dopo la prima mappa iniziale, sul quale vedremo tutta tutta la reale, di avere tutte le informazioni dettagliate, di poter leggere, per esempio, anche i blog e quindi tutta una serie di informazioni accessorie. Peraltro, nel corso della stagione la percezioneremo ulteriormente abbiamo intenzione, per esempio, anche di mosaicare, come già avviene sul nostro sito web, i bollettini anche delle altre stati confinanti con l’Italia, quindi sarà visibile poi anche il bollettino delle regioni con noi confinanti. Quindi questo è un ottimo strumento che ci permette di consultare agevolmente e rapidamente le informazioni, che invito tutti ad utilizzare il più possibile.

0:52:49 – Fabio
Sì, infatti gli ho dato un’occhiata prima di ricominciare a registrare la situazione. Neve, al momento non sembra porre tanti problemi di valanghe, purtroppo però insomma il problema principale è il rischio di scivolate esatto. Comunque gli ho dato un’occhiata. Come scrivevo anche nel post del blog, che giustamente ho rilanciato la notizia appena me l’hai segnalata trovo l’app estremamente semplice da usare e nello stesso tempo completa. Come dici giustamente tu, ci sono alcune estensioni di cui abbiamo parlato, che potrebbero essere interessanti e che sicuramente immagino integrerete, appunto, nel tempo una cosa che mi piace molto sottolineare.

C’è il glossario, se vogliamo delle situazioni tipo di valanga, che sono un elemento fondamentale del bollettino, che è un po’ magari sottovalutato da chi si approccia al bollettino in maniera un po’ più amatoriale, se vogliamo che quindi prende come riferimento il numero e il colore, cioè il grado di pericolo e si ferma lì.

Invece, in realtà sappiamo che il grado di pericolo è associato a una tipologia particolare, o una o più tipologie particolari di valanga, a seconda delle quote, dei versanti, eccetera, che hanno un nome e che magari possono essere un po’ oscure a qualcuno. Bene, nell’app c’è il glossario, se ve lo andate a cercare. Ci ha spiegato molto bene il tipo di problema valanghivo di quel momento, cosa effettivamente comporta e quali sono eventualmente anche le strategie per evitarlo, per ridurre il rischio.

0:54:19 – dott. Chiambretti
Questo è fondamentale soprattutto perché il bollettino sempre di più è centrato sui problemi valanghivi. Quindi è importante riuscire a conoscere, a riconoscere facilmente queste situazioni, in modo tale poi da poter adeguare i propri comportamenti di conseguenza sulla soglia dell’ora quasi.

0:54:39 – Fabio
Aggiungo un’ultima cosa che mi ero segnato. Abbiamo parlato di ISSW e sul loro sito e il link, come sempre lo metto nelle note di questo episodio dal loro sito è possibile scaricare i pdf di tutti gli interventi di quest’anno e degli anni precedenti.

Sono articoli interessantissimi. Non fatevi scoraggiare se per caso è capitato in uno particolarmente scientifico, che ci sono purtroppo. Per fortuna per loro, ma magari per l’utenza media, tra cui mi metto dentro, sono un po’ incomprensibili, perché andando un po’ a scavare, avendo un po’ la pazienza, si trovano degli articoli con un tono molto più divulgativo e, come dicevo prima, soprattutto negli ultimi anni, quelli che riguardano il fattore umano trapoleuristiche, gestione del gruppo, comunicazione, tutti argomenti che stanno, come dicevo prima, emergendo sempre di più e per fortuna stanno emergendo con un tono di comunicazione molto ampio. Come dicevi giustamente tu, l’obiettivo è proprio quello di rivolgersi a chi non fa questo di lavoro, ma lo fa perché vuole divertirsi.

Quindi c’è sempre lo scoglio della lingua, che però anche quello è sempre meno grazie ai vari tool che stanno emergendo. In particolare io uso molto il traduttore di google, devo dire la verità, si è fatto molto esperto, anche per la terminologia nivologica è diventato molto bravo e le traduzioni che genera sono comprensibili dal 90 al 95%. C’è ancora qualche idiosincrasia ogni tanto, però complessivamente sono estremamente comprensibili. Quindi, anche la lingua non fatela diventare una scusa, se volete, anzi, è una scusa per impararla un po’ di più.

0:56:21 – dott. Chiambretti
È uno stimolo alla propria curiosità, ad ampiare i propri orizzonti, che è sempre una cosa buona.

0:56:29 – Fabio
Esatto. Se invece vi volete arrendere, ripeto, ci sono gli strumenti tecnologici che vi vengono in aiuto. In particolare te lo chiedo qui adesso, non te l’ho chiesto prima, te lo chiedo direttamente, in diretta. Come si direbbe del tuo articolo hai una versione italiana o faccio tradurre e pubblico.

0:56:40 – dott. Chiambretti
Nel prossimo numero della rivista, che trovate alla voce pubblicazioni, sul nostro sito web, quindi penso per questa primavera, usciranno le sintesi in italiano di questi articoli, perché riteniamo importante che anche il pubblico madrelingua sia della possibilità di accedere a queste informazioni, a questi contenuti.

0:57:20 – Fabio
a parte gli scopi di prevenzione e divulgazione, Assolutamente, facciamo così intanto io pubblico la versione inglese, ovviamente per chi vuole accedere direttamente all’originale, e poi le versioni tradotte da Google e dopo, quando ci saranno le nuove informazioni, le nuove versioni pubblicate, aggiorneremo e comunicheremo. Bene, questo era l’ultimo punto che avevo io. Ti ringrazio ancora del tuo tempo.

0:57:45 – dott. Chiambretti
Grazie a te, fabio.

0:57:46 – Fabio
Secondo me sono venute fuori già delle cose che chiamano un altro episodio. Noi parliamo, in separata sede. So che tu sei sempre molto disponibile.

0:57:54 – dott. Chiambretti
Parliamo di essere stati così di stimolo, di aver acceso una scintilla di curiosità nei tuoi ascoltatori e, naturalmente, sempre disponibili.

0:58:06 – Fabio
Infatti, lo ribadisco adesso insiemeieme se qualcuno ha un dubbio, una richiesta, eccetera, spotify adesso dà la possibilità di commentare. Avete tutti i miei recapiti, nelle note dell’episodio c’è il sito web. Insomma, non mancano le occasioni per mettervi in contatto con me o anche direttamente con il dottor Igor Chiambretti, che sicuramente è disponibile. Anzi, lo so perché l’ho usato spesso come riferimento tramite mail e quindi vado sul sicuro nel garantirvi che disponibilità ce n’è. Ok, grazie a tutti. Grazie, Igor ancora, e a presto.